Report a cura di Gennaro Dileo
E’ stata indubbiamente una nottata indimenticabile per tutti coloro che hanno avuto l’opportunità di assistere all’unica data italiana degli U.D.O. al Colony Club di Brescia. Da alcuni giorni si erano moltiplicate le voci su di un possibile sold out, in quanto l’immarcescibile folletto tedesco ha deciso di intraprendere un tour finale dedicato ai grandi classici degli Accept, per poi dedicarsi esclusivamente alla sua carriera solista. Di supporto troviamo niente poco di meno che i canadesi Anvil, icone leggendarie del metallo più duro e puro, peraltro reduci dalla recente pubblicazione del discreto studio-album “Anvil Is Anvil”. Rimaniamo altresì incuriositi dall’inclusione in apertura di serata dei Burning Rome, quintetto piemontese al debutto su Underground Symphony, autore di un cerebrale ‘alternative’ metal dalle tinte fosche. Una scelta simile poteva rivelarsi a dir poco azzardata nei confronti di un pubblico decisamente orientato su altri lidi musicali ma, nonostante le premesse non propriamente rosee, questi ragazzi hanno superato con comprovata professionalità una trasferta apparentemente impossibile.
BURNING ROME
Nonostante gran parte del pubblico debba ancora confluire all’interno del locale, il collettivo nostrano appare determinato nel voler magnetizzare l’interesse di una parte dei presenti, ordinatamente posizionati sin dai primi istanti tra le prime file, vivamente incuriositi da una proposta musicale così atipica e coraggiosa. Scars On Broadway, System Of A Down e Deftones sono i punti di riferimento lampanti di un gruppo che, da quanto proposto, deve ancora acquisire maggior fluidità e concretezza in fase di scrittura. Non manca una spiccata personalità, che li distingue da una moltitudine di emuli privi di talento, ma purtroppo latita il ritornello decisivo in grado di donare una marcia in più a degli episodi fin troppo lineari e ordinati. Non ha di certo entusiasmato l’eccessiva staticità sul palcoscenico, ma tale lacuna è stata parzialmente colmata da una discreta coesione tra i musicisti e da una caparbia performance vocale di Beppe Careddu. Questi fattori hanno contribuito a far scorrere il tempo a loro disposizione senza particolari intoppi e alla fine dello spettacolo a strappare una discreta dose di applausi agli astanti.
ANVIL
Dopo un rapido cambio di palco, tocca al mitico duo composto dal cantante e chitarrista Steve “Lips” Kudlow e dal dinamitardo batterista Robb Reiner scaldare gli animi dei presenti, via via sempre più numerosi, ben disposti a farsi sommergere dalle colate d’acciaio forgiate dalla band canadese. Lo scalmanato frontman si posiziona al centro della platea, facendosi circondare da una folla tanto divertita quanto entusiasta dalla particolare circostanza venutasi a creare. Parte il riff circolare della strumentale “March Of The Crabs”, seguito a rotta di collo dalla violenta “666”, e si scatena la bolgia. Un mare di pugni chiusi e di furiosi headbanging accompagnano un’esibizione certo non priva di difetti, soprattutto a livello vocale, ma densa di energia e di puro coinvolgimento emotivo. Nel corso dell’esibizione, lo scatenato “Lips” spesso non riesce ad azzeccare le note giuste ma questo evidente peccato, dovuto a oggettivi limiti tecnici, viene compensato da un’architettura sonora impenetrabile come l’acciaio più resistente. Aiuta, e non poco, un’acustica pressoché impeccabile, meritevole di amplificare a dismisura i riff al cemento perpetrati dall’arzigogolata “Free As The Wind” e dall’irriverente “Oooh Baby”. La pirotecnica “Mothra” funge da trampolino di lancio per le urticanti scorribande chitarristiche che sfociano nel consueto siparietto durante il quale il protagonista impugna il mitico vibratore facendolo poi scorrere velocemente sulle corde. Spiccano anche due estratti dal nuovo album, la piratesca “Daggers And Rum” e la polemica “Die For A Lie”, entrambe accolte a gran voce da un pubblico pienamente appagato da una performance collettiva verace e coinvolgente. “Swing Thing” è il secondo strumentale che pone le basi per un potentissimo assolo di batteria dell’infaticabile Reiner, uno dei musicisti più ignobilmente sottovalutati dell’intero genere. Chiude i giochi il tonante mid tempo “Metal On Metal”, un classico senza tempo che testimonia l’incredibile esuberanza, l’energia e la vitalità di una compagine che avrebbe meritato ben altra sorte. Inossidabili.
Setlist:
March Of The Crabs
666
Oooh Baby
Badass Rock’N’Roll
Winged Assassins
Free As The Wind
Daggers And Rum
Mothra
Swing Thing (With Drum Solo)
Die For A Lie
Metal On Metal
U.D.O.
Pienamente soddisfatti dalla dose di metallo generosamente offertaci dalle incudini canadesi, abbiamo giusto il tempo di riprendere un po’ di fiato per poi immergerci in due ore serrate, nelle quali l’ex frontman degli Accept si è reso protagonista di un concerto oltremodo intenso e coinvolgente. Nel considerevole tempo a sua disposizione, il biondo folletto ha interpretato con incredibile energia e disinvoltura ben ventiquattro classici della band tedesca, palesando pochissimi cali di tensione. Nonostante i suoi sessanquattro anni suonati, il signor Dirkschneider ha dimostrato di possedere ancora una riserva enorme di aria nei polmoni, virtù che gli ha permesso di intonare alcuni episodi particolarmente impegnativi come la terremotante “Breaker”, l’anthemica “Midnight Mover” e la lancinante “Starlight”. Oltre al considerevole spazio occupato da parecchie hit immortali come “Flash Rockin’Man”, “Restless And Wild” e “Princess Of The Dawn”, nella scaletta sono stati saggiamente inclusi alcuni episodi lievemente meno noti come le incalzanti “Living For Tonite” e “Monsterman”, la notturna “Head Over Heels” e la drammatica “Neon Nights”. La folla non è di certo rimasta immobile ad osservare lo sviluppo degli eventi, scatenandosi in continui stage diving (!) e cori da stadio, contribuendo per quanto possibile a rendere l’atmosfera ancora più elettrica di quanto pronosticato. D’altro canto, però, si è fatta sentire pesantemente l’assenza dell’invalicabile muro sonoro plasmato da Wolf Hoffmann e da Peter Baltes, in quanto la band di supporto svolge dignitosamente il compitino assegnato, semplificando un po’ troppo alcune parti soliste e calcando meno del dovuto la mano sui riff. Solo il batterista Sven, nonché figlio del buon Udo, pesta i tamburi come un toro inferocito, attualizzando con successo l’energia primordiale degli Accept. Ben cinque bis sono stati eseguiti per la gioia dei fan, oggettivamente stremati dall’energia spesa per supportare in ogni istante il proprio beniamino e che hanno reagito con un boato assordante durante la furiosa esecuzione della godereccia “I’m A Rebel”. Suoni cristallini ed un’organizzazione impeccabile hanno contribuito a rendere magica una serata che (forse) non si ripeterà mai più. Leggenda vivente.
Setlist:
Starlight
Living For Tonite
Flash Rockin’Man
London Leatherboys
Midnight Mover
Breaker
Head Over Heels
Neon Nights
Princess Of The Dawn
Winterdreams
Restless And Wild
Son Of A Bitch
Up To The Limit
Wrong Is Right
Midnight Highway
Screaming For A Love Bite
Monsterman
T.V. War
Losers And Winners
Encore:
Metal Heart
I’m A Rebel
Fast As A Shark
Balls To The Wall
Burning