A cura di Davide Romagnoli
Fa piuttosto freddo. Natale è passato da un paio di giorni e il panettone va smaltito. Sfortunatamente non appoggiata dalla Provincia, un’iniziativa per rimediare al troppo mangiare di questi giorni è farsi una nottata in quel del Lo-Fi di Rogoredo in compagnia di una triade di amici piuttosto rumorosi e incazzerecci come gli Hyperwulff, i Grime e gli osannatissimi compatrioti Ufomammut. Babbo Natale si era dimenticato di consegnare le ultime vangate pre-2015. Eccole qui. Insieme al carbone e alla neve.
HYPERWULFF
Un lupo in sè non è abbastanza. Ancora più bramoso di prede ed energia è un iper-lupo, emblema di un combo assetatissimo di psichedelia e riffoni, che devono contrastare l’avvento di Robogoat, una spietata capra-robot, come narrato dall’immaginario della band. Già assaporati come antipasto per i Deafheaven poco tempo fa, gli Hyperwülff accendono l’atmosfera già stracolma del locale con i loro accordi imponenti di sentore fondamentalmente sludge. Il duo bolognese non si risparmia assolutamente nulla in quanto a potenza e aggressività, e nemmeno per quanto riguarda accenni open-minded ad altre influenze. Sono proprio le atmosfere borderline con il post-metal e lo stoner ad essere infatti quelle migliori, quelle che vengono disegnate con l’ausilio di rumori ultraterreni e synthetici che trascendono la dimensione fisica e trasportano in un piano ulteriore la ricezione della loro musica, avvicinandola immancabilmente all’immaginario spirituale e fantascientifico di cui si fanno profeti.
GRIME
Aperti di vedute, come molti tra i presenti di stasera, storcono il naso al discorso musicale intrapreso dai Grime. Psichedelia e ipnotismo lasciati da parte, la parte centrale dell’evento di questa serata è accolto però a piene mani dai più fedeli al verbo del death/doom metal più ossessivo e mietitore. Lo sludge è trascinato, così come i feedback omnipresenti ad ogni pausa. Incisivi e rodati dalle numerose esperienze di supporto ad altre band tra cui Kvelertak, The Secret e Procession, solo per citare gli ultimi a livello cronologico, i triestini sudano ancora sferzate mefitiche e composizioni sudice di difficile impatto immediato per coloro che non possiedono un orecchio abbondantemente inquinato. Cathedral triestini per eccellenza, indubbiamente i Grime hanno ancora una volta detto la loro.
UFOMAMMUT
Gli Ufomammut godono di enorme stima da parte di quasi tutto il territorio metal italiano. Questo è un dato abbastanza chiaro ormai. Il merito non può sicuramente dipendere da un disco, o da un album, in questo caso, ma da una carriera; carriera che, quasi arrivata al quindicesimo inverno, merita sicuramente parecchia e indubbia considerazione. Alcuni hanno detto che certamente il loro giro compositivo rastrella sempre sul medesimo quarto di giardino, e che dal vivo spesso potrebbero anche essere più coesi in quanto all’esecuzione. E forse è vero. Ma è anche forse quello che rende onesta e pura una proposta come quella del trio piemontese: sette album, tre anime, quindici anni di triade psichedelia-sludge-stoner. Conformi al tema, univocamente dediti all’impatto sonoro, autori di musica visionaria e spirituale. Poco importano le critiche, i problemi alla testata del basso di Urlo, qualche virgola fuori posto di Vita e Poia, qualche cenno di incertezza che spunta ancora qua e là. Il locale è pieno. La gente applaude. Gli schermi proiettano soli psichedelici che si sdoppiano e si riflettono sulle ombre del trio che da uomo-visione-musica proietta il suo aspetto triadico di reminescenza divina alla luce dei partecipanti alla messa ipnotica e visionaria di nome Ufomammut. Dove ci sono gli osanna, ci sono anche le critiche. Poco importa, dopotutto. La musica è vera e potente, il sound è una badilata sulle orecchie e l’occhio è esaltato dalle visioni ultraterrene dei visuals. Fuori fa freddo. Dentro brucia del fuoco.