Sono trascorsi due anni dalla pubblicazione di “Vermis”, ma gli Ulcerate hanno evidentemente ancora a cuore la loro ultima fatica, tanto da arrivare a promuoverla in un esclusivo ed estesissimo tour britannico. Raro vedere un gruppo neozelandese arrivare nel Regno Unito per un tour apposito e, ancora più inconsueto, è vedere questo tour toccare una serie di città “minori”, oltre ai soliti grandi centri come Londra o Manchester. A quanto pare gli Ulcerate hanno trovato in terra d’Albione una scena e un mercato particolarmente fertili per la propria proposta e una importante indicazione ci viene già fornita dalla prima data di questo tour: pur essendo un giovedì, il Nambucca di Holloway Road viene gremito da ben oltre cento paganti, un numero di tutto rispetto per sonorità difficili come quelle degli autori di “Vermis”. Da non sottovalutare poi la presenza dei Bell Witch, una delle massime rivelazioni doom di quest’anno, e dei giovani Ageless Oblivion, realtà locale che sta cercando di elevare il proprio profilo con concerti di supporto a nomi sempre più prestigiosi. Insomma, le basi per una serata da ricordare ci sono tutte!
AGELESS OBLIVION
Sono le otto in punto ed è tempo di cominciare. Gli Ageless Oblivion hanno iniziato a farsi un nome solo di recente, grazie soprattutto al buon valore dell’ultimo “Penthos”, e devono evidentemente trovare ancora la propria dimensione, dato che spesso vengono accostati ai nomi più disparati: dai Gojira agli Enslaved, passando per gli stessi Ulcerate. Il quintetto del sud dell’Inghilterra può tuttavia già contare su una certa dimestichezza con il palco e su una buona presenza scenica. A questo punto la sala non è ancora piena, ma tanti lasciano il bar e il banco del merch per avvicinarsi al palco appena le prime note iniziano a fuoriuscire dagli amplificatori. Certamente un buon segno per i ragazzi, che hanno così modo di presentare la propria musica davanti ad un pubblico magari non partecipe, ma sicuramente attento. Le sensazioni avute durante l’ascolto del disco ritornano in questa sede – certi passaggi appaiono più riusciti di altri e a volte si fa fatica ad inquadrare cosa la band voglia esattamente proporre – ma non si può dire che gli Ageless Oblivion suonino male. La mezzora a disposizione fila liscia e il gruppo riesce a concentrare in essa tutti i suoi episodi migliori. Riteniamo che ulteriore esperienza dal vivo migliorerà ulteriormente l’affiatamento dei ragazzi e la loro visione della musica.
BELL WITCH
I Bell Witch sono sulla carta una band molto diversa dagli Ulcerate. In verità, il funeral doom degli statunitensi possiede grosso modo lo stesso livello di tensione e la stessa attitudine sperimentale della musica dei neozelandesi. Basta il fatto che il gruppo non si avvalga di una chitarra per incuriosire l’intera platea: proprio come su disco, Dylan Desmond, con il suo basso a sei corde e una dozzina di pedali, è il solo responsabile delle trame dei Bell Witch. Vedere il frontman all’opera mentre cambia continuamente effetto con i piedi, cimentarsi in tapping e poi passare rapIdamente al plettro è una sorta di spettacolo all’interno dello spettacolo. Se poi aggiungiamo che il bassista si occupa pure delle clean vocals (il growl è affidato al batterista Jesse Shreibman) è facile vedere in lui l’anima indiscussa della band e dello show. In ogni caso, non si potrebbe parlare di ottima performance se alla base di essa non vi fosse della musica di valore: con il recente “Four Phantoms” i Bell Witch hanno sfornato un piccolo capolavoro e questa sera fan e curiosi possono godere delle sue suggestioni in un contesto tanto intimo quanto deflagrante. Desmond e il suo strumento riescono a replicare ogni passaggio anche dal vivo – sia quelli tipicamente doom che le derive drone – mentre Shreibman si rivela un urlatore agghiacciante per potenza e profondità. Di rado abbiamo avuto modo di assistere a concerti doom tanto evocativi: nei quaranta minuti del set chi aveva dubbi sulla resa del duo non solo è stato zittito, ma è anche diventato un fan seduta stante, mentre il gruppo ha probabilmente guadagnato ulteriore consapevolezza dei propri mezzi davanti ad una risposta così entusiastica. Una delle rivelazioni dell’anno, a maggior ragione dopo questo concerto.
ULCERATE
Il colpo di grazia ci viene quindi inferto dagli Ulcerate, formazione che da tempo è una garanzia tanto in studio quanto dal vivo. Del resto, non ci vengono in mente altre band in grado di reggere paragoni con cosiddetti mostri sacri di generi diversi come Gorguts e Neurosis: la discografia e il curriculum live dei ragazzi di Auckland fanno impressione e questa serata non potrà che aggiungere ulteriore lustro alla loro carriera. Rispetto alle prove dei supporter, bisogna restare al centro della sala per cogliere le trame del gruppo nella sua pienezza: qualcosa non è stato settato al meglio e alla destra del palco la chitarra di Michael Hoggard è quasi assente, tuttavia servono solo un paio di minuti affinchè i fan se ne rendano conto e si spostino di conseguenza. È importante che il lavoro di Hoggard emerga: è lui l’inventore di quei riff obliqui e alienanti, sempre a metà strada tra le stilettate dei Gorguts post-“Obscura” e le visioni apocalittiche dei suddetti Neurosis. Solo nel caso degli Ulcerate si può forse parlare di “post” death metal: un suono dove aggressione e catarsi si mescolano di continuo e dove le dissonanze possono aprirsi e accogliere la più ricercata delle melodie. “Vermis” ha confermato tutte le qualità del terzetto, ma sono i lavori precedenti ad esso quelli che hanno davvero posto il gruppo ai vertici del moderno panorama death metal: da “The Destroyers of All” viene proposta la clamorosa “Dead Oceans”, mentre la title track di “Everything Is Fire” viene posta in chiusura, quasi ad accreditare la tesi dei fan della prima ora, che da tempo la considerano uno dei massimi manifesti del suono Ulcerate. Davanti ad un concerto così compatto e inebriante, le prove dei singoli possono anche passare in secondo piano; tuttavia, risulta sempre impossibile non citare Jamie Saint Merat e il suo incredibile drumming: per fantasia e precisione questo ragazzo è uno dei migliori batteristi death metal in circolazione. Difficilissimo staccare gli occhi dal suo kit, soprattutto quando sono i piatti a parlare: il tocco è inconfondibile e la resa sempre sopra le righe. Abbiamo visto gli Ulcerate dal vivo diverse volte ormai, ma si tratta sempre di un’esperienza a dir poco coinvolgente: il trio non lascia nulla al caso ed è perfettamente in grado di riproporre la sua ostica musica sulle assi di un palco. A livello di impatto, forse persino i Gorguts devono prendere nota. Il che è tutto dire!