Per sfruttare al meglio una calata in Europa per prendere parte all’edizione 2019 del noto Roadburn Festival, i death metaller Ulcerate hanno allestito un mini-tour attorno alla loro performance in Olanda. Poche date, per lo più in Gran Bretagna, con le quali il folle gruppo neozelandese, di recente entrato nel roster della Debemur Morti Productions, probabilmente chiude il ciclo promozionale legato a “Shrines of Paralysis” prima di dedicarsi al completamento di un nuovo album. Con una tappa londinese caduta in un comodo sabato pre-pasquale, per giunta baciato da un piacevolissimo clima tipicamente primaverile, la nostra presenza al Nambucca di Holloway Road è a dir poco scontata…
DEUS VERMIN
L’apertura dello show viene affidato ai Deus Vermin, giovane gruppo di Leeds chiaramente cresciuto ascoltando la musica degli headliner, così come quella di tante altre recenti realtà del panorama death-black metal più deviato. Il quintetto propone infatti una sorta di post death metal molto cupo e compresso, il quale tende ad alternare riff molto diretti, a tratti persino thrasheggianti, ed aperture più tetre ed oblique, spesso gestite da un abile gioco di dissonanze. Non riusciamo a cogliere un vero e proprio marchio di fabbrica, ma i ragazzi sono certamente affiatati e hanno dalla loro un songwriting sufficientemente sciolto ed incisivo. In effetti la loro esibizione ci appare molto coinvolgente e professionale sotto ogni aspetto, con ogni strumentista perfettamente a proprio agio sul palco e un gran tiro complessivo. Nel repertorio spicca il mini “Monument To Decay”, ormai vecchio di un anno, ma speriamo di potere ascoltare una nuova prova in studio molto presto.
LUNAR MANTRA
Seguono gli scozzesi Lunar Mantra, band della sempre più celebre scuderia Invictus Productions. Anche in questo caso la proposta si rivela azzeccata per il contesto della serata: trattasi infatti di un black metal che, almeno a tratti, sembra una via di mezzo fra il sound tradizionale di certe vecchie realtà svedesi e quanto fatto di recente in ambienti ben più sperimentali da band come Nightbringer o Blaze Of Perdition. Rispetto agli opener, i Lunar Mantra hanno una resa sonora un po’ più debole e un batterista meno incisivo, ma il materiale proposto è senza dubbio degno di interesse. Vi è una componente ambient/atmosferica che i ragazzi sembrano condurre e sviluppare con una certa maestria, cosa che li distingue da altre formazioni del settore che invece tendono ad avere composizioni sempre molto piene a livello di chitarre. Inoltre, anche le brevi sezioni improntate su trame old school hanno il loro valore: i riff guardano al passato, ma hanno il pregio di spezzare le trame più ipnotiche, movimentando il tutto. Insomma, un’altra performance interessante, che prepara al meglio il terreno agli headliner.
ULCERATE
Gli Ulcerate sono ormai di casa nel Regno Unito, nazione che li ha scoperti e sostenuti sin dagli esordi e che nel corso degli anni ha ospitato più di un tour da headliner della formazione neozelandese. Nel 2015 avevamo visto il trio di Auckland in questo stesso locale, in compagnia dei Bell Witch, e possiamo affermare che da allora la popolarità del gruppo non abbia subito cali, visto che l’affluenza ci appare grosso modo la stessa. Identica, per fortuna, anche la prestanza di Michael Hoggard, Jamie Saint Merat e Paul Kelland, ormai una macchina perfettamente oliata e in grado di generare incubi indicibili con il suo death metal alienante. Di certo lo stile degli Ulcerate regge la prova del tempo: ormai dissonanze e cadenze stranianti sono la base della proposta di dozzine di death e black metal band ispirate ai Nostri o al culto di Gorguts e Deathspell Omega, ma il tiro e la freschezza di brani come “Clutching Revulsions”, “Dead Oceans” o “Cold Becoming” restano su livelli impensabili per i cosiddetti follower. Inoltre, esiste solamente un Jamie Saint Merat, ovvero un batterista-fenomeno che può addirittura essere visto come il vero frontman della formazione, vista l’importanza vitale che il suo lavoro dietro le pelli e sui piatti ha nell’economia del sound. In sostanza, quella degli Ulcerate è un’esibizione che esprime superiorità su ogni fronte: i neozelandesi hanno tecnica, presenza, personalità e impatto. Quando un brano tanto policromatico quanto spietato come “Everything Is Fire” esplode dagli amplificatori, non si può fare altro che alzare le mani e mentalmente ridimensionare tanti fenomeni usciti negli ultimi anni. Gli Ulcerate mantengono un basso profilo, ma quando li si ha di fronte, avvolti da luci fredde e con volumi agghiaccianti, il risultato è lo stesso di sempre: asfissia e paranoia totali.
Setlist:
End Of Hope
Dead Oceans
Extinguished Light
Clutching Revulsion
Abrogation
Soullessness Embraced
Cold Becoming
Everything Is Fire
Shrines of Paralysis