03/06/2017 - ULVER + STIAN WESTERHUS @ Labirinto della Masone - Fontanellato (PR)

Pubblicato il 09/06/2017 da

Report a cura di Chiara Franchi
Fotografie di Stefano Zerbini

Magico: non ci sono altri aggettivi per descrivere lo scenario del Labirinto della Masone, che accoglie gli Ulver nella loro prima data italiana a supporto di “The Assassination Of Julius Caesar”. Un dedalo di sentieri fiancheggiati da rigogliose piante di bambù, alte fino a quindici metri, che si intersecano per una lunghezza complessiva di oltre tre chilometri. Una location che sembra fatta su misura per la raffinata proposta della band norvegese e che già l’anno scorso ha ospitato uno show destinato ad ascoltatori sofisticati – quelli dei Sunn 0))); ma che è anche specchio della mente che l’ha ideata. Franco Maria Ricci, designer, autore e illustratore di altre opere ‘magiche’ (tra le quali ricordiamo qui solo il “Codex Seraphinianus”), si è avvalso di collaboratori eccellenti per progettare le misteriose architetture che circondano il palco, posto proprio nel cuore del labirinto. Per raggiungere il parterre del concerto abbiamo scelto la via più lunga, addentrandoci nella selva di piante e viottoli. L’oscurità è quasi totale e arrivare a destinazione in meno di un quarto d’ora sarebbe stato impossibile, se non fosse stato per le lanterne disposte strategicamente a guidarci verso la meta. I presenti sono circa milleduecento, eppure l’atmosfera è sospesa. Quasi surreale. A condurci ancora più in profondità in una dimensione di sogno, l’opener della serata, il chitarrista Stian Westerhus. Resistiamo alla tentazione di aggiungere altre parole alle tante che la stampa ha già speso sulla camaleontica, seppur fortissima, identità della formazione norvegese e cediamo subito il passo alla musica.


STIAN WESTERHUS

Difficile definire Stian Westerhus un semplice opening act. La sua breve performance è stata un vero e proprio intro al concerto degli Ulver, che Westerhus accompagna come turnista in questo ciclo live. Del resto, figura anche tra i musicisti che hanno partecipato alla registrazione di “The Assassination Of Julius Caesar”. Immerso in una coltre di fumo, Westerhus rompe il silenzio con le note struggenti della sua chitarra e con la sua vocalità eterea, che ci ricorda quella di James Blake sia nel timbro che nello stile. I brani sono dei veri e propri viaggi nell’interiorità e nella sperimentazione più funambolica, scevra da esibizionismi e ricca di eleganza. Complici i suoni cristallini, i voli della sei corde di Westerhus, i suoi vocalizzi onirici e la delicatezza delle melodie non possono non emozionare anche chi normalmente non si cimenta con ascolti di questo genere, che indubbiamente non sono tra i più immediati. Pochi minuti ma incredibilmente intensi, per un’esibizione che è stata un piccolo, preziosissimo gioiello.

ULVER

La coda dell’ultimo brano di Stian Westerhus è un tutt’uno con l’intro di “Nemoralia”, brano che apre “The Assassination Of Julius Caesar” e che gli Ulver hanno significativamente rilasciato come primo estratto della loro ultima fatica discografica. L’immediato richiamo ai Depeche Mode è quasi un manifesto di tutto questo nuovo album, che oltretutto pullula di riferimenti alla storia e all’arte del nostro Paese. La band raggiunge il chitarrista sul palco e lo show entra immediatamente nel vivo: gli effetti visivi sono un tutt’uno coi brani, i suoni fedeli a quelli del disco, l’esecuzione precisa ma ‘umana’, caricata da percussioni vividissime e da una proporzione ben calibrata tra synth e strumenti. A proposito di umanità, le stonature di Kristoffer Rygg (che molti ancora chiamano Garm, anche se pare lui non gradisca) sono troppe e troppo clamorose per non notarle, per non parlare di quando sbaglia addirittura l’attacco di una canzone. Tutto sommato, però, sono sbavature che non incrinano l’intensità della performance e che, anzi, forse contribuiscono a rendere meno artificiosa la resa live dell’album. “Southern Goth”, uno dei nostri brani preferiti della release, risulta assai più potente che in cuffia. Lo stesso si può dire di un’altra delle nostre favorite, ovvero “So Falls The World”: la lunga, trascinante chiusura spazza via l’atmosfera onirica per portarci alle soglie del rave. Non sarà l’unico momento in cui gli Ulver indulgeranno in torrenziali divertissement elettronici, tra i principali elementi che caratterizzano il riassetto live di “The Assassination Of Julius Caesar”. E proprio in tema di adattamento alla performance dal vivo, “Rolling Stone” è sicuramente il miglior esempio di come la band sia intervenuta sulla versione live dei nuovi brani. I cori femminili vengono eseguiti dallo stesso Rygg, in una tonalità più bassa e con leggere reinterpretazioni che conferiscono al brano un’interessante sfumatura dark. Bridge, giochi di luce e interazioni col pubblico ridotte a piccoli cenni fanno sì che i pezzi fluiscano l’uno dopo l’altro quasi senza soluzione di continuità, in un avvolgente caleidoscopio di suoni, luci e colori. Il set si chiude, come l’album, con la drammatica “Coming Home”, alla quale viene cucito uno strascico strumentale lunghissimo (chi ha tenuto d’occhio l’orologio ci ha assicurato che sono stati sfiorati i venti minuti di durata). È questo, forse, l’unico momento non del tutto convincente del concerto: l’effetto è quello di un prolisso riempitivo, giocato ripetitivamente su un unico riff senza veri colpi di genio. Tuttavia, quando le luci si riaccendono e ci riportano sulla terra, possiamo dirci soddisfatti come non lo eravamo da parecchi mesi. Chapeau.

Setlist:
Nemoralia
Southern Gothic
1969
So Falls The World
Transverberation
Rolling Stone
The Future Sound Of Music
Angelus Novus
Coming Home

 

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