Report di Dario Onofrio
Foto di Nicolette Radoi
Un tour che molti amanti delle sonorità occulte e ‘storte’ aspettavano con ansia è finalmente passato dalle parti di Milano: dopo l’apertura ai Ghost nel maggio dello scorso anno, gli Uncle Acid & The Deadbeats hanno finalmente attraversato il continente da headliner, accompagnati dai rituali dei canadesi Blood Ceremony e dalle sonorità incantate degli svedesi Gaupa, fermandosi al Santeria Toscana per la tappa italiana.
Una occasione imperdibile per moltissimi appassionati di questi generi, anche perché i secondi in scaletta mancavano da tantissimi anni sui nostri palchi. La data è purtroppo quantomeno infausta: come successo per gli Skillet il 10 maggio c’è stata una coincidenza col derby della città meneghina, che però non ha impedito a un’orda di giubbotti pieni di toppe di Electric Wizard, Pentagram e molti altri esponenti dello stoner-doom di affollare il locale sin dall’apertura, lasciata in mano agli svedesi.
Il compito di introdurre gli astanti a questa discesa nelle tenebre è affidato agli svedesi GAUPA, che stanno promuovendo il loro secondo lavoro in studio “Myriad”, uscito nel 2022 per Nuclear Blast. Nati dalla fuoriuscita di Erik Sävström e Jimmy Hurtig dai Disrupted, quello che il quintetto fa è sostanzialmente raccontare la psichedelia attraverso immagini di boschi e natura incontaminata, grazie alla voce tagliente e squillante di Emma Näslund e ai ritmi ossessivi tipici dello stoner rock con voce femminile che ultimamente ha regalato più di una band interessante anche all’interno del mondo metal.
Nonostante non ci siano ancora moltissimi astanti, la band fa di tutto per trascinarci con sé nel loro mondo, sapientemente raccontato grazie a delle visual proiettate dietro di loro (come quelle su “Exoskeleton”, a costituire anche il materiale del video promozionale) e alla presenza scenica della cantante, che come una tarantata si fa possedere dai ritmi della conclusiva “Febersvan”, mentre sullo schermo scorrono immagini di paesaggi incontaminati. Un desert rock che incontra la Svezia, insomma, a costituire l’antipasto del primo piatto ricco della serata.
Quando i BLOOD CEREMONY salgono sul palco del Santeria Toscana il locale è già piuttosto pieno, e non è un caso: la congrega guidata da Alia O’Brien, perennemente in bilico tra aura sciamanica, movenze da creatura fatata e sorrisi caloroei, mancava da moltissimo sui nostri palchi, e anche stavolta sfodera una esibizione di pura classe sin dal primo pezzo, “Old Fires”, direttamente dal bellissimo “Lord Of Misrule”. È passato un po’ di tempo dal debutto del quartetto di Toronto, ma la line-up è ormai più che stabile e fresca della release di “The Old Ways Remain”, dal quale vengono estratte solamente “Ipsissimus” e “Lolly Willows” per motivi di tempo, ma che rendono comunque molto bene anche in sede live.
Dal vivo, infatti, i Blood Ceremony assumono ancora di più quell’aspetto cultuale che li contraddistingue: si potrebbe tranquillamente dire di stare assistendo a un rituale stregonesco rurale quando partono pezzi cult come “Witchwood” e “Goodbye Gemini”, da quel capolavoro di “The Eldritch Dark” che quest’anno spegne ben dieci candeline.
La prestazione tecnica, poi, è come sempre superlativa: Sean Kennedy alla chitarra, Lucas Gadke al basso e Michael Carrillo alla batteria sono ormai una macchina da ritmi e da riff ben rodata, capace di accendere la miccia giusta per le preghiere e il flauto traverso della O’Brien, portando il pubblico direttamente negli anni Settanta come poche altre band sono in grado di fare. Se siano davvero gli eredi dei Black Widow è tutto da vedere, ma con “Oliver Haddo”, magistralmente accompagnata dalla tastiera in stile organo hammond, e la conclusiva “I’m Coming With You”, possiamo dire che il quartetto canadese ha ancora sicuramente molto da dire sia dal punto di vista stilistico che qualitativo, riuscendo a coniugare l’occultismo delle sette, il voodoo e chissà quanti altri credo superstiziosi insieme alla nostra amata musica.
Un velocissimo cambio palco e tocca finalmente agli UNCLE ACID & THE DEADBEATS a condurre l’orchestra del male a base di chitarre distorte e visual acide. A questo punto il Santeria è abbastanza gremito con il pubblico abbastanza trepidante per questo concerto che, senza troppi sé e senza troppi ma, si apre con l’immancabile doppietta “Mt. Abraxas”/”Mind Crawler”, mandando in trip da distorsioni la folla.
Un bad trip, ma in un certo senso bello, fino alla fine: la band di Cambridge è in formissima e sfodera una prestazione monolitica, capace di passare per i migliori momenti che la propria carriera regalato al doom metal e allo stoner rock, visto anche il successo di dischi come “The Night Creeper” dal quale arrivano “Pusher Man” e “Melody Lane”.
I nostri stortissimi inglesi non si dimenticano nemmeno un pezzo della loro storia fatta di sonorità opprimenti e psichedelia, visitando tutti i loro dischi ma dando ovviamente molto più spazio a quel capolavoro che risponde al nome di “Blood Lust”, dal quale arriva una “Death’s Door” come primo antipasto. Come sempre, Uncle Acid e suoi The Deadbeats suoneranno tutto il tempo con pochissime luci, dando spazio principalmente ai video ripresi in tempo reale dalle telecamere posizionate in zona mixer, sui quali i tecnici lavorano con effetti psichedelici che sostanzialmente trasformano la registrazione in una performance artistica a tutto tondo.
A scorrere nelle nostre orecchie, una storia di disagio e ossessione: da “Vol.1” vengono recuperate “Crystals Spiders” e “Dead Eyes Of London”, catapultandoci direttamente indietro fino al 2010 e alle distorsioni armoniche e sonore scaturite da quel disco, mentre ovviamente si gioisce per “13 Candles” e “Ritual Knife”, riassumendo nel giro di un’ora e venti minuti tredici anni (numero fortunato?) di puro marciume britannico e dimostrandoci come doom metal e allucinazioni siano ancora qui ad accompagnarci nel pesante incedere degli strani eoni lovecraftiani.
Vuaghn Stokes, Jon Rice e Justin Smith sono ormai perfettamente integrati nel tessuto sonoro dello Zio Acido e non si limitano più a fare i compiti suonando, ma caratterizzano tutto il live muovendosi sui brani e scatenandosi nelle parti più deliziosamente cadenzate e rallentate, mostrando un affiatamento che solo una trance da psichedelia può dare: un connubio di musicisti che ha sviluppato un’ottima coesione negli ultimi anni e ed è in grado di far esplodere la propria furia lisergica sul palco.
Il finale sembra essere affidato all’ipnotica “I’ll Cut You Down”, ma la sorpresa è che a chiudere l’esibizione c’è la lunga coda di “No Return”, direttamente dall’ultimo “Wasteland”.
Un’esibizione spettacolare, che fa uscire tutti dal locale in pieno trip da musica distorta: anche stavolta, gli Uncle Acid & The Deadbeats hanno dimostrato di essere uno dei più importanti nomi di punta della scena stoner-doom, uno degli esempi più rappresentativi di quanto il male e la distorsione possano esorcizzare la crudele realtà e trasportarci sotto a un plumbeo cielo fatto di colori venuti dallo spazio.
Setlist:
Mt. Abraxas
Mind Crawler
Shockwave City
Death’s Door
Pusher Man
13 Candles
Ritual Knife
Dead Eyes of London
Crystal Spiders
Melody Lane
I’ll Cut You Down
No Return
GAUPA
BLOOD CEREMONY
UNCLE ACID & THE DEADBEATS