A cura di Edoardo De Nardi
L’astronave dei Vektor, in occasione di questo tour europeo che vede la band americana finalmente in veste di headliner, atterra anche su suolo italiano per ben tre appuntamenti consecutivi nel nostro Paese. La fenomenale accoppiata “Black Future”/”Outer Isolation” aveva proiettato senza mezzi termini la band al vertice dell’Olimpo del thrash metal del nuovo millennio qualche anno fa, grazie ad una fusione miracolosa tra elementi old school ed un’inventiva di prima qualità che avvicinava la musica dei Nostri ora al technical thrash, ora a forti incursioni nel settore progressive, senza per questo perdere un grammo di potenza e veracità durante le canzoni. Un silenzio prolungato per diversi anni, poi, aveva in parte raffreddato l’interesse intorno ai quattro dell’Arizona, ma la notizia di una nuova pubblicazione di inediti fissata per i primi mesi del 2016 e questo tour promozionale di riscaldamento hanno rapidamente riacceso gli animi verso la musica dei Vektor. A condividere il palco con loro, troviamo gli Angelus Apatrida, simpatica formazione spagnola non nuova per il pubblico toscano della serata, ed i debuttanti Distillator, unica vera sorpresa dell’evento. Ecco come sono andate le cose all’Exenzia Club di Prato, location abbastanza inusuale come sala da concerti e forse non adeguatamente attrezzata per diffondere al meglio la musica contorta e complessa dei tanto attesi headliner…
DISTILLATOR
Come scritto, è la compagine olandese ad aprire le danze, non prima di essersi accertata scrupolosamente che tutti i dettagli del loro show fossero sistemati correttamente al loro posto. Del resto, pur presentando uno stile franco e semplicistico, il terzetto sembra curare molto il lato estetico e mediatico della band, come confermano banner, backdrop con logo della band ed un merchandise al banchino delle vendite ricco e variegato. Ad ogni modo, è difficile non farsi coinvolgere dal thrash puro e sanguigno messo in atto dai Nostri, che grazie anche ad una presenza scenica piuttosto vulcanica, riesce da subito a farsi ben volere dal pubblico pratese, che inizia ad ammassarsi sotto palco. Le strutture dei brani non faranno gridare al miracolo, così come le doti tecniche e vocali del frontman Desecrator, ma la loro totale fedeltà verso le prime, bestiali, incarnazioni di Slayer, Sodom e Kreator consentono un headbanging genuino da parte dei più giovani ed un’approvazione via via crescente da parte dei più navigati ascoltatori in sala. Dopo aver presentato numerosi estratti dal recente debut “Revolutionary Cells”, chiude lo spettacolo una sentitissima cover di “Black Magic”, oscura perla ad opera dell’accoppiata King/Hanneman dei tempi d’oro, che mette entusiasticamente d’accordo tutti sul giudizio finale in merito ai Distillator: sempre del solito, vecchio thrash stiamo parlando, ma è difficile trovare una soluzione altrettanto trascinante e coinvolgente quando si tratta di uno spensierato venerdì sera a base di alcool e metal.
ANGELUS APATRIDA
Non sono passati poi molti mesi da quando il pubblico toscano ha potuto assistere allo spettacolo degli Angelus Apatrida in compagnia di Dr. Living Dead e Suicidal Angels, e poco infatti sembra essere cambiato nella formazione spagnola, esclusa naturalmente l’uscita del loro ennesimo full-length a nome “Hidden Evolution”, quinto sigillo rilasciato in tempistiche più dilatate rispetto ai lavori usciti in precedenza. L’impatto aggressivo ma poco corposo dei Distillator lascia spazio al sound ben più saturo e studiato dei thrasher iberici, dotati oramai di una certa esperienza in campo di tour ed esibizioni live e pronti a conquistare i metal brothers italiani con dosi equiparate di speed e groove metal, elemento quest’ultimo inserito copiosamente tra le note dell’ultimo sopracitato arrivato. La scaletta del live può ormai muoversi con decisa agilità sulla quasi decennale carriera della band, presentando al suo interno differenze di ritmo e musicalità indispensabili per poter portare il live show di qualsiasi band ad un livello superiore rispetto a quello di “gruppo d’assalto” a cui puntano ingenuamente i newcomer del settore: in questo senso, Guillermo Izquierdo e gli altri ragazzi ce la mettono tutta nel cercare di presentare un’esibizione certo incendiaria, ma ponderata in tutti i suoi momenti, ricalcando un percorso già visto numerose volte da parte dei big del thrash mondiale. La preparazione tecnica dei musicisti è in questo caso molto buona, così come l’affiatamento generale tra di essi, e la verve giocosa e caliente degli spagnoli si lascia diffondere con piacere tra il pubblico, che accenna in qualche frangente più caotico qualche pogo sotto palco che tanto gasa il frontman ed i suoi compagni. Esperienza, tenacia ed un pizzico di ruffianeria fanno degli Angelus Apatrida una formazione perfetta per introdurre alla musica più cerebrale e complessa degli headliner, che iniziano rapidamente a preparare il palco non appena conclusasi la performance vincente del main support act.
VEKTOR
Nonostante le buone intenzioni delle band precedenti, non è certo un segreto che la maggior parte del pubblico sia accorso stasera solamente per poter vedere da vicino una delle famose esibizioni dei Vektor, etichettati dai più come infallibili coi propri strumenti, intensi oltremodo, dei veri e propri “alieni del thrash” dotati di capacità sovraumane: al di là dei coloriti epiteti affibbiati al loro operato, è indubbio che uno show dei quattro americani, proprio a ridosso dell’uscita del nuovo album, rappresenti una gustosa occasione per verificarne salute e stato di forma, diversi anni ormai dopo l’esplosivo debutto della band sulla scena mondiale. L’attesa pre-concerto si conclude finalmente sulle note introduttive di “Cosmic Cortex”, accolte con furore dai presenti che si preparano ad affilare le lame per lo scoppiettante seguito del brano: i suoni si presentano da subito impastati e difficilmente comprensibili, problema questo che verrà risolto solamente in maniera parziale e mai sufficientemente bene nel corso della serata, ed anche a livello generale dovranno passare diversi minuti prima che il combo riesca ad ingranare la loro famigerata telepatia esecutiva che consente loro di trovarsi a perfetto agio anche nei momenti più complicati e frenetici dei propri pezzi. Poco male però, perché già dalle successive “Deoxyribonucleic Acid”, “Accelerating Universe” o “Tetrastructural Minds” le cose iniziano a girare alla grande e tutta la bravura non solo esecutiva dei ragazzi sul palco comincia a manifestarsi con sconvolgente intensità. La voce di DiSanto graffia sugli screaming e stordisce sui famosi falsetti a-là-Araya che riempiono le canzoni, i fraseggi improbabili di Erik Nelson si sposano perfettamente con i cervellotici giri di basso di Frank Chin, mentre un concentratissimo Blake Anderson si dimena come una piovra intorno all’eccentrico posizionamento del suo drum kit, rivelandosi come motore ritmico fondamentale nel marasma melodico degli strumenti a corda. C’è spazio persino per ben tre inediti estratti dal nuovo album “Terminal Redux”, che, esclusa la già nota “Ultimate Artificier”, risultano forse un pelo ostici presentati per la prima volta in sede live, ma comunque molto incoraggianti circa il nuovo materiale di imminente pubblicazione. “Asteroid”, manifesto sci-fi della band dell’Arizona, conclude un concerto non facile da seguire, vuoi per l’obiettiva difficoltà della musica in questione, vuoi per la difficile fruizione dovuta ad uno scadente impianto audio, ma indubbia e reale testimonianza del talento inusuale e straripante dei Vektor, una tra le formazioni più promettenti uscite dal circuito metal dagli anni Duemila in poi. E scusate se è poco.