Report di Vanny Piccoli
Fotografie di Enrico Dal Boni
Il Venezia Hardcore Fest, un evento ormai consolidato nel panorama musicale dell’underground italiano, ha celebrato un’altra entusiasmante edizione al Centro Sociale Rivolta di Marghera: è da tanto che frequentiamo questa manifestazione e possiamo dire che ritrovare la stessa formula, anno dopo anno, è diventata la garanzia di rivivere un’atmosfera unica e coinvolgente.
Il CS Rivolta, con i suoi due palchi denominati Nite Park e Open Space, è la venue ideale per un evento simile. Il grande hangar della venue ospita, oltre ai palchi, una rampa da skate che attrae appassionati e curiosi grazie ai ‘Tricks For Cash” e sessioni aperte di contest sulla tavola; un’intera area dedicata al merchandising e alle autoproduzioni, oltre a numerosi banchetti di artisti vari.
Ogni angolo del festival sembra pulsare di vita, di energia e di un senso di appartenenza che, anno dopo anno, richiama vecchi e nuovi partecipanti. Il Venezia Hardcore Fest è più di un semplice festival musicale: è un luogo dove la parola ‘famiglia’ trova un significato profondo; la collettività e lo spirito di gruppo permeano l’evento, creando un ambiente in cui tutti, indipendentemente dal fatto di conoscere o meno le band che suonano, si sentono parte di qualcosa di speciale. Non c’è spazio per l’arroganza o per chi cerca di rovinare l’atmosfera con atteggiamenti negativi: l’ambiente è estremamente accogliente e inclusivo, e tutti sono chiamati a partecipare alla festa in totale libertà.
L’adrenalina è palpabile fin dal primo momento, con un continuo movimento tra i due palchi, in un delirio frenetico che coinvolge artisti, crew e pubblico in egual misura. Le performance sono caratterizzate da un contatto fisico e emotivo senza barriere; zero transenne in vista, palchi accessibili per stage diving continui, crowd surfing e fan che ‘rubano’ il microfono alle band per cantare: questo è il VEHC, dove la distanza tra artisti e pubblico è completamente annullata.
Il festival ha visto esibirsi una vasta gamma di band, dai giovani emergenti alle formazioni più esperte, coprendo un ampio spettro di generi che spazia dall’hardcore allo stoner, dal punk al death metal. Per chi è tornato al Rivolta dopo le edizioni precedenti, il sentimento è stato quello di un vero e proprio ritorno a casa; per i nuovi arrivati, l’accoglienza è stata altrettanto calorosa, e questo appuntamento di maggio ha confermato, ancora una volta, la propria capacità di riunire persone diverse sotto il segno della musica alternativa, per un’esperienza che va oltre il semplice concerto. Buona lettura.
VENERDÌ 24 MAGGIO
Precisamente alle 20:00, come un orologio svizzero al calare del sole, il festival prende il via con gli SLOWCHAMBER sul palco del Nite Park. Questa band locale, con un solo album all’attivo intitolato “The Delay Of Suffering”, attira da subito un centinaio di persone, aprendo la serata con un potente set di hardcore metallico accostabile allo stile degli End.
La performance del quintetto veneziano è impeccabile, dal suond preciso e massiccio, e ha gasato per bene il pubblico, preparando il terreno per il lungo weekend di show.
Spetta ai RAINSWEPT da Roma il compito di riscaldare invece gli ospiti in Open Space; il quintetto della capitale ci mette il cuore e propone un hardcore molto lineare e tradizionale. Durante il set non perdono l’occasione per ringraziare e per ripetere il fatto che siano gasatissimi di essere su questo palco.
Pezzi nuovi e la demo del 2022 scorrono in velocità prima di lasciare spazio ai WOJTEK: il quintetto veneto impacchetta delle martellate tra sludge e post-hardcore per una buona mezzora. L’atmosfera che si crea in Nite Park è spiazzante e il rabbioso set dei nostri vede l’ultimo “Petricore” in quasi la sua interezza.
Avendoli visti più volte quest’anno possiamo dire che la band è in forte crescita, sia sul palco che in studio, infatti siamo sorpresi positivamente anche in questa sede. L’intesa con il pubblico funziona benissimo, tant’è che si crea un circle pit attorno al bassista sceso dal palco durante una delle sezioni più galoppanti, prima della chiusura con “Inertia Reigns”.
Nel frattempo, all’Open Space, è il turno dei NARKAN, un band di giovanissimi provenienti da Milano e con, probabilmente, l’unico maggiorenne del gruppo identificabile con il loro autista. Nonostante la giovane età, i Narkan sprigionano una bella energia travolgente con il loro d-beat dai testi in italiano, come dimostrato dalla canzone “Tecnologia Assassina”.
I ragazzi terminano il setlist con largo anticipo sulla tabella di marcia, scatenando l’inizio dell’improvvisazione generale per continuare a coinvolgere e divertire gli astanti. Il siparietto divertente si chiude con un bis, prima di lasciare spazio ai MINDKNOT.
Il primo giorno del festival ha riservato numerose sorprese, ma una delle vere highlight è stata senza dubbio la performance di questo quartetto romano, grazie anche ad una presenza scenica tra le più coinvolgenti: i nostri hanno portato sul palco un mix di hardcore particolarmente caotico, scuro, venato di grindcore e mathcore. Ogni membro della band dimostra di saperci fare alla grande, ma è stato il cantante a rubare veramente la scena con la sua teatralità esuberante sopra e sotto palco.
I brani tratti dall’ultimo LP “Esigenza” non tardano a strappare commenti positivi: chiunque abbia assistito allo show è rimasto colpito dall’espressività del loro set. La formazione del Lazio si rivela come una delle soprese più gradite del festival.
Tocca finalmente ai GRADE 2, una delle band più attese della serata. Il power trio proveniente da Ryde, sull’Isola di Wight, infiamma il Nite Park a colpi di street punk anni ‘70, arrichito da influenze alla Rancid.
La loro scaletta ruota principalmente brani tratti dagli ultimi due dischi, l’omonimo “Grade2” e “Graveyard Island”. Con “Tired Of It”, “Graveyard Island” e poi a seguire, “Face Pace” e “Brassic“ impacchettano un’esibizione di grande impatto e precisione, dimostrando di essere tra i migliori interpreti del genere presenti al festival. Intanto è il turno dei GRUMO e il Venezia Hardcore Fest si colora di death metal con il loro set: una lezione di tecnica ed intensità senza fronzoli e senza pause.
Il quartetto emiliano, che quest’anno compie vent’anni di attività, presenta molti brani inediti tratti del disco già registrato ma non ancora uscito, infatti i primi tre brani della scaletta ricalcano nel medesimo modo l’apertura della nuova produzione, a detta loro, ma vengono anche inseriti pezzi più vecchi come “Fallimento” e “Blood Spilling”.
Dietro le pelli, una vera e propria macchina da guerra che annichilisce tutti nel macello generale; i ragazzi chiudono con la nuovissima “Everything Is Poison”, ci credono tantissimo e lo dimostrano con uno show impeccabile.
Si torna in Open Space per i BLOWFUSE, band spagnola già nota al festival per la loro esibizione del 2017, una delle offerte più vivaci e tecnicamente perfette di questa giornata.
Come sound si piazzano tra punk rock californiano e skate punk pulitissimo ma dal tiro vertiginoso: suonano molti brani dal loro ultimo disco “The 4th Wall”, tra cui “Move On” e “State Of Denial”, quest’ultimo risultando particolarmente vincente in questa sede, per poi passare al meno recente “Daily Ritual” con “Grand Golden Boy” e “Outta My Head”.
Il momento culminante del loro set arriva nel momento in cui il frontman si arrampica su una delle alte casse a colonna posizionate a lato del palco per poi tuffarsi in stage diving. Un grande volo, sicuramente il più rimarcabile di questo VEHC, a mani basse e con grande stile.
La quota metal della serata viene ripresa dagli UNDERTAKERS, in Nite Park. Enrico Giannone di Time To Kill Records fa da capitano al gruppo ormai formato più di trenta anni fa e innesca l’inizio di un set violentissimo: il quintetto mescola grindcore con death metal e hardcore a intermezzi quasi demenziali lungo una scaletta che copre quasi tutte le tre decadi di attività.
“Dictorial Democracy”, “Society vs Society” e “The Night Of The Bastards” hanno una presa enorme sul pubblico, tra botte da orbi e sorrisoni: il set vola liscissimo ed in velocità contribuendo a mantenere una sentita atmosfera positiva, anche se a colpi di blast-beat.
Per chiudere questa prima giornata del Venezia Hardcore Fest 2024 vengono chiamati in causa i BOLOGNA VIOLENTA e per l’occasione, la disposizione del palco dell’Open Space è stata modificata per permettere loro di suonare uno di fronte all’altro, con la batteria elettronica posizionata al centro.
Il set del duo Manzan/Vagnoni è un’esperienza di pura follia, caratterizzata da un buio totale (prima volta assoluta in Open Space, solitamente illuminato a giorno) dove l’unica fonte di luce è costituita dai visual proiettati sull’immensa parete bianca dietro al palco.
Il pubblico, immerso in questo scenario unico, assiste ad una performance sperimentale che supera le venti canzoni in scaletta e che mescola grindcore, noise e mathcore. “Bervismo” e “Gesù Morto” sono le uniche parole rappresentate dai visual fortemente impattanti, e che impressionano facilmente glii astanti. Il set spazia quasi tutta la discografia del duo: dal disco “Il Nuovissimo Mondo”, tra le varie, vengono presentate la title-track, “Trapianti Giapponesi” e “L’uomo: ultimo atto?” in chiusura.
Si prosegue con “Sangue In Bocca” e “Metri Cubi Di Sterco”, tratte da “Utopie E Piccole Soddisfazioni” del 2012, oltre che alla più recente “Tuk-Tuk Extravaganza”. Bologna Violenta conclude questa prima serata del Venezia Hardcore in modo memorabile e stranamente malato ma che tutto sommato non risulta assolutamente fuori contesto.
SABATO 25 MAGGIO
Ogni Venezia Hardcore Fest che si rispetti è caratterizzato da un’altra costante: la pioggia.
La mattinata del secondo giorno si apre con un bel temporale che copre Marghera di un cielo grigio dai brutti presupposti. Per fortuna, nel giro di un paio d’ore, il vento sposta le nuvole, lasciando che sia un bel caldo sole ad illuminare tutta l’area esterna del Rivolta.
Scoccano le 15:30 e i primi a salire sul palco sono i RESCUE CAT, che trovano un Nite Park bello pieno. Nonostante la giovane età, dimostrano un’energia e una grinta che infiammano il pubblico: suonano un hardcore dal tiro arrogante che lascia il segno, e durante una pausa invitano ad “ascoltare gli Have Earth”. La loro performance si chiude con un featuring del frontman dei Jorelia, sempre tra i più carichi sul palco.
Si prosegue con gli UGUAGLIANZA e con il loro hardcore tendente all’oi. La loro proposta è più tranquilla – per quando l’hardcore possa esserlo, chiaramente – i ritornelli piastrellati di cori rimangono in testa ed il pubblico apprezza con entusiasmo.
Torniamo in Nite Park per i PROSPECTIVE, dall’Emilia: portano sul palco un metalcore che preme sull’acceleratore e che viene abbellito con molti cori puliti e parti elettroniche. La loro esibizione è impeccabile, senza dubbio, dimostrano tutti e cinque una grande capacità tecnica e riuscono a coinvolgere il pubblico in totale maestria. Sicuramente consigliati per i fan di Bring Me The Horizon e Sleep Token.
Arriva il momento dell’accoppiata GÜERRA e SKULLD, band che condividono parte dei membri. I Güerra, assenti nell’edizione del 2023 a causa dell’alluvione che ha colpito la Romagna poco più di un anno fa, recuperano alla grande con un hardcore in italiano molto godibile, eseguendo tutto il disco “Quanta Fame Hai?”.
Il cambio rapido di strumenti porta sul palco gli Skulld, che con suoni graffianti e blast-beat improvvisi fanno esplodere la sala: i romagnoli sparano bordate antifa death metal una dietro l’altra, tratte dal apprezzatissimo “The Portal Is Open”, che include “Borda”, “Daphne” e “Cold Hands in Circle Reborn”.
ALFMOB e OZONE DEHUMANIZER sono un’altra perla assoluta del festival: la loro proposta è un mix di trap e rapcore che ricorda i DSA Commando e l’epoca del Truce Klan.
Queste sono le soprese che ci aspettiamo di scoprire al Venezia Hardcore Festival e nonostante il genere sia fuori contesto, si accosta perfettamente alla situazione del festival e anche al calderone degli altri generi presenti: le due performance sono un vero disastro organizzato, con il pubblico (dall’età più bassa per media, un record), a questo festival, che si scatena nel pit e sul palco, soprattutto con il pezzo “Fronte Nichilista Italiano”.
A seguire i PEASANT, una band hardcore direttamente dal Sud Africa e che proprio al Venezia Hardcore Fest termina il proprio tour europeo.
Si inseriscono perfettamente nel contesto del festival con un hardcore dritto e sporcato da qualche breakdown e groove avvincente. Molti pezzi inediti in scaletta, tra cui “Into The Mirror” e “Pendulum Soul”, oltre a qualche estratto del loro “Unrest Eternal”, del 2019.
Gli INSTRUCTOR dal Belgio portano un hardcore da uomo delle caverne, che ricorda un po’ i recenti Higher Power: hanno una buona presa sul pubblico dell’Open Space, mentre gli ORGAN, con il loro doom da Belluno, continuano la quota metal del festival e riempiono il Nite Park grazie al loro muro di suono. Il quartetto spara tre inediti strumentali martellanti che creano atmosfere oniriche. Davvero molto apprezzati.
I WORLD PEACE sorprendono tutti i presenti dell’Open Space con il loro powerviolence senza chitarre, ma la fabbrica dei riff viene esclusivamente prodotta da due bassi: in dieci minuti di set urlano tutto quello che possono presentare e senza particolari discorsi, abbandonano il palco, lasciando venti minuti di pausa inaspettata prima dei THE DEVILS, duo rock’n’roll di Napoli. Le sonorità sono quelli cui la Go Down Records ci ha abituato, e c’è da dire che il sound di basso è devastante. La formazione in latex chiude la performance con un passaggio molto apprezzato,che ricorda anche i Muse.
Il momento clou arriva con i PROWL, quartetto del Québec, che con il loro thrash metal sullo stile Power Trip fa degenerare il pubblico in un delirio di stage diving sopra il bianco palco dell’Open Space e calci in faccia.
In scaletta solo pezzi dall’ultimo disco “The Forgotten Realms” che risultano molto più che efficaci in questa sede.
Lo screamo dei RADURA, a seguire, riempie il Nite Park in modo ingestibile, tanto che non si riesce più a vedere la band sul palco: la loro esibizione ricorda quella degli Ojne dell’anno scorso, singalong completo dall’inizio alla fine e la band milanese che vince a mani basse il premio dello show con più pubblico sullo stage.
I PEST CONTROL, con il loro thrashcore, continuano l’adrenalina iniziata dai Prowl e regalano degli assoloni importanti, mentre i RIVIERA portano il calore tropicale nel Nite Park.
La temperatura è davvero pesante, tutti grondano di sudore e il quintetto romagnolo spara l’ultimo album “Sempre” in tutta la sua interezza e ordine di tracklist, prima di concludere nel degenero totale con tre hit molto conosciute: “Ancora”, “Camminare Sui Muri” e ” Cosa Rimane”. Ormai più nessuno è rimasto giù dal palco.
Gli INFEST, storici del powerviolence, chiudono il cerchio del caos con trenta pezzi abrasivi e taglienti: Joe Denunzio canta giù dal palco, mentre il pubblico si scatena tra crowd surfing e stage diving, guadagnandosi anche qualche scarpata in faccia. A coprire le linee di basso ci pensa Spencer Pollard dei Trash Talk, che, in questa sede, oltre a fare una più che dignitosa figura dal punto di vista tecnico, si occupa di lanciarsi con costanza sui presenti a bordo palco, in questo caso a colpi di taekwondo.
La stanza è pienissima, con un centinaio di persone che aspettano fuori dei portoni dell’Open Space per riuscire a sbirciare lo spettacolo imperdibile.
I TONS, formazione di Torino, rallentano il tiro in Nite Park e ciò è un’indicatore che segna la prossima chiusura di questo Venezia Hardcore Fest: i nostri offrono una performance tra doom e stoner, con un muro di suono devastante e pezzi lenti ma carichi di groove in chiusura, conditi inoltre da qualche ripartenza veloce. Molto apprezzate sono “Those Of The Unlighter” e “Rime Of The Ancient Grower”.
Il compito di chiudere l’edizione 2024 del VEHC spetta ai LA CRISI, quartetto di Milano, che da vent’anni fanno hardcore violento e serrato. I ragazzi spingono di brutto e non lasciano nemmeno un attimo di respiro tra il self-titled di debutto, qualche estratto da “Tutti A Pezzi” e “Paura A Colazione”.
L’ultima formazione del festival vola via quasi senza accorgersene e così, tra momenti di caos e pura condivisione, si conclude la seconda giornata del Venezia Hardcore Fest 2024, lasciando la voglia di assistere ad una band in più, ma per questo dovremo attendere un altro anno.