Report a cura di Dario Onofrio
Andare a sentire i Voivod è come ritrovarsi a una festa di famiglia, con facce conosciute e gente che ama la musica di un certo tipo più di ogni altra cosa. Questa è l’atmosfera che sabato 30 settembre ha accolto chi si è presentato al Bloom di Mezzago: ‘Away’ in giro per il locale già disposto a fare le foto con i fan e una grande attesa per la calata meneghina della band canadese. Reduci infatti da ben tre date nel nostro paese, questa era l’ultima occasione di vedere il Post Society Tour 2017 in Italia. Molti di voi conosceranno i Voivod sia per i loro meravigliosi dischi che per la sfortuna che li ha, purtroppo, sempre perseguitati, motivo per cui ingiustamente non sono mai riusciti a ottenere il successo che meritano. Ciononostante, il quartetto canadese è ancora in piena attività, cosa dimostrata dall’ottimo “Target Earth” di qualche anno fa e dall’EP uscito lo scorso anno, da cui il tour prende il nome. Una band che ha scritto pagine memorabili della storia del metal e che merita sicuramente molta attenzione da parte di chiunque ami le sonorità progressive più dure e psichedeliche.
EARTH SHIP
Ad aprire le danze ci pensano i tedeschi Earth Ship, forti di un doom/sludge metal dalle marcate tinte ‘post’ e da qualche tempo nel roster della Napalm Records, la quale sta ampliando decisamente il suo mercato in questi generi musicali. Il terzetto ci propone una scaletta incentrata principalmente sul loro ultimo lavoro “Hollowed”, con pezzi lunghi e sonorità fortemente spostate verso i bassi, reminiscenti sicuramente di grandi esempi del genere come i Crowbar. Certo, fa strano che nemmeno sulla loro pagina Facebook si sia mai fatto cenno dell’assenza di Marcel Schulz, per cui la band si presenta sul palco con soli tre elementi. Nonostante tutto, è facile perdersi nelle atmosfere del loro sound, specialmente se a supportarli c’è tutta una serie di luci rosse e soffuse che creano il giusto ambiente per questo tipo di musica: così, pezzi come “Silver Decay” vengono anche apprezzati da alcuni degli ascoltatori più ‘old-school’ della serata. Certo, abbiamo trovato i tre ragazzi un po’ fuori luogo come sonorità, ma nonostante la mancanza di qualcosa di riconducibile alla musica dell’headliner (se non la psichedelia) la mezz’ora di esibizione è volata via in fretta.
VOIVOD
Abbiamo veramente bisogno di dire quanto i Voivod siano uno dei migliori gruppi da vedere dal vivo in un locale con poco più di duecento presenti? Certo, fa specie che una band di tale caratura, dopo tutti questi anni, viaggi ancora nel circuito dei club di piccole dimensioni come il Bloom. Ma, in fondo, è una musica per pochi quella che viaggia nelle nostre orecchie, per cui è quasi un onore poter assistere a questo evento tra intimi. L’opener è affidata all’immortale “Killing Technology”: ‘Snake’, ‘Away’ e soci sono in ottima forma, rinfrancati da un tour italiano che pare sia stato ben gremito in ogni sua data. Sono molti i ‘viva l’Italia!’ e i ‘salute!’ che il cantante lancia dal palco scatenando numerosi applausi tra un pezzo e l’altro; infatti, quando dalla ‘nuova’ “Post Society” si passa a “Chaosmöngers”, dal capolavoro “Dimension Hatröss”, il Bloom risponde con un boato. Come prevedibile, a molti fa strano sentire una scaletta che non comprende pezzi come “Tribal Convinctions” per proporci invece gran parte dell’EP “Post Society”, ma è anche giusto che una band come loro possa permettersi di cambiare qualche brano, vista l’enormità e la qualità della loro discografia. “Korgüll the Exterminator” e “Ravenous Medicine” sono state altre due canzoni che non hanno mancato di sorprendere il pubblico per la classe e la qualità con cui il combo canadese riesce sempre a rendere la sua complicata musica dal vivo, riuscendo ad essere contemporaneamente raffinato e psichedelico. Non mancano due siparietti: uno su “The Prow”, introdottaci con un ironico ‘sapete ballare?’ e uno sul meteo fosco al di fuori del locale, quando si è trattato di introdurre “Fall”. ‘Chewy’ e ‘Rocky’ ormai sono due membri fissi della band e anche loro si danno un bel da fare su assoli e cori, fomentando più volte il pubblico, abbracciando la gente in prima fila e addirittura girando il microfono verso qualcuno per farlo cantare. Non può certo mancare “Voivod”, cantata a squarciagola in tutta la sua semplicità da tutti i presenti e, infine, una chicca inaspettata da tutti: sappiamo che molti, venendo ai concerti dei Voivod, si aspettano sempre “Astronomy Domine” come encore, con una specie di standing ovation per il mai troppo compianto ‘Piggy’; per questo fa strano sentirsi suonare “Silver Machine” degli Hawkwind, come se la band avesse voltato pagina una volta per tutte sul suo passato sfortunato, decisa a navigare con fierezza verso il futuro. Certo, un po’ lo si fa anche come tributo a Lemmy, ma è un onore per noi che la band abbia deciso di approntare una tale svolta proprio durante le date nel nostro paese. Insomma: se non avete mai visto i Voivod vi toccherà aspettare nuovamente un tour in Italia, ma la band si riconferma tra quei pochi esempi di chi è in grado di creare una atmosfera di comunione metallica tra i presenti ad un concerto, facendoci volare attraverso lidi sci-fi verso i recessi dello spazio profondo.
Setlist:
Killing Technology
Post Society
Chaosmöngers
The Unknown Knows
Overreaction
The Prow
Ravenous Medicine
Fall
Korgüll The Exterminator
The Lost Machine
We Are Connected
Voivod
Silver Machine (Hawkwind cover)