02/11/2011 - VOLBEAT + CLUTCH @ Alcatraz - Milano

Pubblicato il 04/11/2011 da

Introduzione e report a cura di Thomas Ciapponi
Foto di Francesco Castaldo

Da zero a eroi: con questa semplice frase si potrebbe tranquillamente riassumere il percorso dei Volbeat, band danese in circolazione da dieci anni esatti, dieci anni ricchi di soddisfazioni e soprattutto di cospicue vendite, che hanno, album dopo album, catapultato i quattro di Copenhagen in un vero e proprio sogno, scalando le classifiche di vendita europee e registrando sold-out un po’ ovunque. Come spesso accade, però, solo in Italia Poulsen e soci non hanno mai goduto di grande fama, fino ad oggi. Si è dovuto aspettare il loro concerto come gruppo spalla ai System Of A Down per destare l’interesse di una buona fetta di kids nostrani, ipnotizzati anch’essi dalla miscela prorompente di thrash, hard rock, blues e rock ‘n’ roll che la formazione propone. L’attesa è stata ripagata e ora l’Alcatraz di Milano fa da cornice al loro primo vero grande concerto su suolo italico, facendo registrare un sold-out tanto inaspettato quanto misterioso: la band, infatti, è stata fatta suonare sul palco minore del locale, una scelta decisamente limitativa. Metalitalia.com, comunque, era presente per testare la band con una vera e propria scaletta da headliner, facendo poi attenzione anche ad un gruppo spalla d’eccazione: i Clutch!

 

CLUTCH
Non passano di certo tutti i giorni i Clutch in Italia, sempre snobbati e sconosciuti al nostro grande pubblico. L’occasione per non lasciarseli sfuggire è ghiotta e gli irriducibili fan di questi quattro brutti ceffi si sono presentati puntuali, armati di biglietto anche solo ed esclusivamente per loro. La band ripaga, iniziando alle 19:45 (con quindici minuti di anticipo) e portando sul palco uno show intenso e afoso, partendo a tappeto con il ripertorio più hard rock-oriented per poi avvicinarsi via via ai brani prettamente psichedelici. Compatti, coinvolgenti e tecnicamente ineccepibili, gli americani portano sul palco il loro stoner ben bilanciato tra riff travolgenti e dosi di pura allucinazione musicale, supportati a dovere dall’ottima prova vocale del singer Neil Fallon, concentrato più sull’esecuzione musicale che sull’intrattenimento vero e proprio. Poche chiacchere e tanta musica, quindi. Man mano che i pezzi si susseguono sono sempre più gli applausi e i relativi individui convertiti al verbo dei Clutch, ai quali si può rimproverare solo la totale assenza di pezzi dai primi quattro album, dando così sfogo alla produzione del nuovo millennio. “Cypress Grove”, “Burning Beard”, “Electric Worry”: questi sono solo alcuni dei nove pezzi proposti questa sera, per un totale di 45 minuti di musica, decisamente gradita da tutti i presenti e supportata da suoni all’altezza, se non addirittura migliori di quelli degli headliner.

 

VOLBEAT
L’Alcatraz si è riempito, è il turno dei Volbeat. I danesi sono oramai una certezza: dotati tecnicamente e forti di quell’esperienza da grandi arene che solo poche band possono permettersi, e che riesce, seppur in parte, a mettere in secondo piano la qualità dei suoni non propriamente perfetta. L’atmosfera iniziale scotta, il pubblico è scatenato e in cerca di conferme dopo la performance estiva di supporto ai SOAD. I Volbeat, dal canto loro, si rendono protagonisti di uno show genuino e divertente in cui Michael Poulsen – che sfoggia per l’occasione una mega canotta dei Death – si dimostra un poderoso showman, fornendo una prova vocale convincente e una tenuta del palco da vero professionista. Tutti i membri, comunque, danno il loro: Thomas Bredahl si rivela un chitarrista telentuoso e interessante; il bassista Anders Kjølholm, invece, seppur sia praticamente assente dalle composizioni, mette in mostra una grinta continua e un attaccamento ai fan visibilmente genuino. La setlist è molto varia e c’è spazio per tutti i quattro album della discografia, dando particolare risalto agli estratti dall’ultimo “Beyond Heaven / Above hell”, dal quale abbiamo apprezzato, in particolar modo, la gia cantatissima “Heaven Nor Hell”, la punkeggiante “Thanks” – sulla quale la band ha invitato alcuni fan a salire sul palco – e “Warrior’s Call”. L’impatto più distruttivo, tuttavia, avviene dagli estratti da “Rock The Rebel / Metal The Devil”: “The Human Instrument”, “The Garden’s Tale” e “Sad Man’s Tongue” sono stati i brani ai quali il pubblico ha risposto con maggiore entusiasmo, cantando e facendosi coinvolgere dalle ritmiche thrash incalzanti dei quattro. Il responso è buono anche su pezzi più datati come “Rebel Monster” e “Pool of Booze, Booze, Booza”, gli unici due estratti dall’esordio assieme alla apprezzatissima cover di “I Only Wanna Be With You” di Dusty Springfield, al termine della quale la band si è lasciata andare ad un attacco improvviso di “Raining Blood” degli Slayer. Da segnalare anche la cover di “Angel Fuck” dei Misfits e l’accenno a Motorhead e Ronnie James Dio, dimostrazione che, nonostante il successo ottenuto, questi musicisti sanno dove inizia e finisce la storia, quella vera, del nostro genere musicale, evitando di atteggiarsi a primi della classe. Alla fine, gli applausi sono d’obbligo. I Volbeat, ora, devono evitare di rendersi schiavi della propria formula, sapendosi rinnovare e trovare nuove soluzioni per portare avanti a testa alta il loro meritato successo. Intanto è stato veramente piacevole e appagante ammirare i frutti del lavoro di questa formazione, calata oramai nella parte del “big act” pur rimanendo esageratamente rock ‘n’ roll.

 

 

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