Report a cura di Andrea Raffaldini
Grande ritorno sul suolo italico per gli W.A.S.P. di Blackie Lawless, impegnati nel tour che festeggia i venticinque anni del capolavoro “The Crimson Idol”, qui proposto interamente in versione live. Il concerto inizia molto presto, alle ore 20.15 infatti attaccano i Rain. Se questa scelta da un lato permette di terminare la serata ad un orario conveniente per tutti coloro che il giorno dopo devono andare al lavoro, dall’altro crea qualche piccola difficoltà a chi arriva da fuori Bologna (durante lo show della band di apertura e fino alle prime tre-quattro canzoni degli W.A.S.P. ci sarà sempre gente in arrivo). Tante le misure di sicurezza, dal lungo passaggio transennato per transitare dalla biglietteria all’ingresso dell’Estragon ai metal detector con cui ogni pagante viene controllato. Buona l’affluenza ma lontana dal sold out: probabilmente si paga la giornata lavorativa che non permette a tutti di compiere lunghe distanze per assistere allo show.
RAIN
A scaldare gli animi ci pensano i Rain, che qui giocano in casa e possono beneficiare di un pubblico molto caldo e affezionato. La storica formazione bolognese attacca con il suo heavy metal pesante e roccioso che colpisce dritto in faccia con un muro sonoro di chitarre e batteria. Nel poco tempo a disposizione, Amos e compagni presentano una scaletta in cui appaiono delle fucilate come “Space Pirates” o “Bang Bus”, tutte suonate con maestria ed esperienza. I suoni escono bene, non ci sono intoppi e la band stessa appare molto carica, divertita, non mancando mai di coinvolgere tutti i presenti in questa scintillante serata metallica. Il concerto si chiude con “Black Ford Rising”, canzone corale e maestosa che la formazione dedica al wrestler italiano BlackFord (i fan sanno benissimo che dietro a questo nome di battaglia si nasconde niente meno che Andrea ‘Mario’ Baldi, storico batterista dei Rain fino al 2011), presente tra le prime file ad incitare i suoi ex colleghi sul palco. Dopo l’inchino di rito, la nostra sensazione è che gli emiliani siano riusciti perfettamente a scaldare l’atmosfera a dovere per Blackie Lawless, che di lì a poco farà il suo ingresso sul palco.
W.A.S.P.
Durante il cambio palco si sente agitazione nell’aria, tra le prime file un gruppo di fan non proprio di primo pelo ricorda con nostalgia i tempi d’oro del metal e i vecchi concerti degli W.A.S.P., sperando che la prestazione odierna della band sia degna del suo periodo d’oro. Finalmente le luci si spengono, Blackie Lawless si presenta sul palco in totale distacco dal pubblico, senza proferire parola, quasi immerso nel suo ruolo all’interno del concept musicale di “The Crimson Idol”. Va detto che da vicino Blackie dimostra tutti i suoi anni ed esteticamente vederlo con i capelli cotonati alla sua età, con i suoi pantaloni aderenti ed una evidente pancia in bella vista, ha un po’ perplesso il sottoscritto. Veniamo però subito smentiti dal suo innato ed ipnotico carisma, perché quando Blackie Lawless canta e suona la chitarra, ai nostri occhi torna la rockstar dei tempi d’oro, probabilmente meno pericolosa ma sempre selvaggia ed avvincente. Tre grandi schermi durante tutto il concerto continueranno a proiettare cortometraggi che, insieme alla musica, raccontano la storia di Jonathan Aaron Steel, il protagonista della storia. “The Titanic Overture” e “The Invisible Boy” rompono il ghiaccio, siamo già dentro l’atmosfera della storia narrata in modo magistrale dalla formazione americana. Un elogio va fatto a Mr. Aquiles Priester (ex Angra, ex Paul Di Anno, ex Primal Fear), il nuovo batterista che sfoggia presenza scenica e una potenza fuori dal comune…il suo drumming dà grande forza ai brani. A livello di suoni, se proprio si vuole trovare il pelo nell’uovo, la chitarra di Doug Blair risulta un po’ bassa durante le parti soliste, mentre in alcuni momenti la batteria sovrasta tutto il resto. Nulla di grave di fronte ad una band in grande forma, Blackie in primis, la sua voce ha retto bene durante l’intero spettacolo. “The Crimson Idol” prosegue, con la voce narrante tra un brano e l’altro, sempre arricchito dai filmati che impreziosiscono l’ascolto. “Chainsaw Charlie (Murders In The New Morgue)” spara in vena dei presenti una dose massiccia di adrenalina, tutti i ragazzi del pubblico cantano a squarciagola il pezzo insieme alla band come dei forsennati. Mike Duda e Aquiles Priester offrono una prova certosina alle ritmiche, il loro muro sonoro rende “Doctor Rockter” ancora più frenetica. Altrettanto intensi anche gli estratti più evocativi del disco, dove Blackie spicca con la sua inconfondibile ugola. Il concerto sembra volare, tanta è l’attenzione per ciò che accade sul palco, e in un batter d’occhio “The Great Misconceptions Of Me” ci ricorda che siamo arrivati alla fine della serata. C’è ancora tempo per un po’ di bis, quattro brani tra i più famosi degli W.A.S.P., da “L.O.V.E. Machine” a “Wild Child”, per concludere con “Golgotha” e “I Wanna Be Somebody”. In tutto un’ora e mezza di grande musica: gli americani sono riusciti ad incantare tutta l’audience, che piano piano esce dal locale col sorriso sulle labbra a discutere dello show appena visto con gli amici.