01/08/2007 - Wacken Open Air 2007 @ Wacken - Wacken (Germania)

Pubblicato il 05/09/2007 da

Report a cura di Alessandro Corno e Claudio Giuliani

Il Wacken Open Air, oltre ad essere il più grande festival metal mondiale, è ormai diventato un mito sia per coloro che non ci sono mai andati che per quelli che ormai non possono più far a meno di essere presenti. L’edizione 2007 è stata sicuramente la più imponente sia in termini di afflusso, con circa 60000 paganti e sold-out, che in termini di organizzazione. Incredibile se si pensa che alla prima edizione, datata 1990, erano presenti solo 800 anime. Un festival che non è stato fermato nemmeno da giorni e giorni di pioggia torrenziale durante i preparativi, con conseguente fango simil-sabbie mobili che ha costretto gli addetti ai lavori a rimuovere lo strato superiore di terreno e ricoprire l’enorme arena con paglia e truciolato… un lavoro a dir poco impressionante. Tutto questo (e anche molto altro) per permettere lo svolgimento in piena regola di un festival che raduna gente da tutti i cinque continenti. Dopo un viaggio estenuante di 1200 km, nonostante l’accesso a noi garantito nell’area campeggio riservata alla stampa, ce ne siamo fregati bellamente e abbiamo deciso di accamparci tra il pubblico, insieme ad amici e gente più o meno alcolizzata da subito alle prese con grigliate e birra a fiumi. Il bello di questo evento sta infatti anche nella vita che si fa in campeggio e nell’atmosfera che si respira nel condividere gli spazi con gente di altre nazioni, in un clima di discreto rispetto e sicurezza. C’è chi si porta divani da casa, chi monta tende e strutture a dir poco fantasiose, chi si porta strumenti, amplificatori e generatori, chi si massacra le orecchie con stereo sparati a tutto volume, chi si traveste nelle maniere più impensabili…insomma, di tutto e di più. Non mancano docce calde a pagamento e servizi igienici per quanto possibile puliti, sportelli bancomat, un’imponente birreria, decine di venditori di carne alla griglia, panini, hot dog, kebab e quant’altro. Notevole è anche il numero di negozi di abbigliamento, accessori, e merchandising vario presenti nel cosiddetto Metal Market, un vero mercato per metallari. Per chi cerca CD e DVD a basso prezzo è stato come sempre riservato un tendone con ingresso a pagamento dove trovare ogni genere di uscita e di di rarità. Una cornice ideale quindi per quattro giorni all’insegna del metallo e quanto più possibile lontani dalle regole della civiltà. Nell’area concerto come al solito erano presenti i due classici palchi principali, denominati True Metal Stage e Black Stage, forse un po’ più piccoli rispetto a qualche anno fa e piazzati al centro di una grande spianata. Tra i due palchi era presente un grande schermo installato con lo scopo di garantire a tutti una buona visione degli show. Novità di quest’anno, una seconda area a destra della prima che ha ospitato il più piccolo Party Stage mentre il fangosissimo Wet Stage è stato allestito ancora una volta sotto un grosso tendone. Come sempre presente anche uno spazio per il meet and greet con le band. All’esterno dell’arena è stato piazzato anche un megaschermo sul quale sono state proiettate, a mo’ di cinema, immagini relative alle scorse edizioni del festival e a ciò che succede nel paesino prima e dopo il concerto. Come ogni anno, per assistere al maggior numero possibile di esibizioni, ci siamo spostati continuamente da un palco all’altro e questa volta è stata una vera e propria impresa, visto il fango e la quantità di fan che si accalcavano già dalle prime ore del pomeriggio. Musicalmente parlando si è trattato forse di uno dei Wacken Open Air meglio riusciti sia in termini di suoni che di esibizioni. Ogni gruppo ha infatti dato il meglio o quasi di sé e risulta difficile indicare quale sia stata la performance migliore. Il successo popolare dei Blind Guardian, gli spettacoli pirotecnici degli In Flames, i Rage accompagnati dalla Lingua Mortis Orchestra, la precisione chirurgica degli Iced Earth, i concerti-evento di Destruction e Sodom, le reunion di Sacred Reich, Immortal e Possessed… e potremmo andare avanti citando ogni singola esibizione. Insomma, le fatiche sono state ampiamente ripagate e le uniche preoccupazioni, che sorgono alla fine di tutto, sono relative al fatto che il Wacken Open Air sembri essere ormai diventato anche un’enorme macchina da soldi e abbia in parte perso la propensione verso l’underground che lo caratterizzava. L’anno prossimo toccherà addirittura agli Iron Maiden…

Un ringraziamento particolare a www.metaltix.com

WOA FIREFIGHTERS

Spetta sempre a loro aprire il Wacken Open Air, e così eccoli qui anche quest’anno. I pompieri del paese, o meglio, l’orchestra dei pompieri, tutti attempati pensionati, sono stati autori di un grande show. E’ così che sulle note dei canti popolari tedeschi si assiste a del crowd surfing, a dell’headbanging sfrenato, tutto mentre si tracannano boccali giganteschi di birra. Va detto che la “band” accusa gli anni, notevoli le pause fra una canzone e l’altra. Spettacolare il sassofonista che mentre suona fa il segno delle corna con la mano. Metallaro ad honorem.

MAMBO KURT

E’ finalmente sera, la folla ha gremito il Wet Stage e lui sale sul palco. Mambo Kurt ha fatto faville con la sua pianola. La gente è andata in visibilio dimenandosi sulla “Angel Of Death” più dolce di sempre, oppure su “I Was Made For Loving You” dei Kiss. Cavallo di battaglia è sicuramente “Paradise City” dei Guns che Mambo esegue a memoria facendo il segno delle corna praticamente sempre. Simpatico e irriverente, da vedere almeno una volta. Mitico Mambo Kurt.

ROSE TATTOO

Al grido di “Hi there, here we are again!” salgono sul palco gli australiani Rose Tattoo, colpevoli solo di essere nati nella stessa terra degli AC/DC. Il loro rock and roll è assolutamente godibile, e la voce di Angry Anderson è incredibilmente la stessa dopo anni e anni di concerti. Tra i pezzi ricordiamo “Black Eyed Bruiser”, opener dellíultimo album “Blood Brothers” dal quale Ë stata eseguita anche la bellissima e tosta “Man About Town”. Momento clou del concerto líesecuzione di “Nice Boys”, tratta dal mitico “Assault & Battery”, targato 1981. Che altro dire? “Nice boys don’t play rock and roll!!!!”.

SODOM

I Sodom tornano al Wacken dopo diversi anni, dopo aver promesso uno show speciale in sede di presentazione del concerto. Sul palco, a fare compagnia al terzetto, si sono alternati i membri storici del gruppo. E’ così che per un Grave Violator in leggero imbarazzo a suonare la chitarra nei Sodom dopo così tanto tempo, va sottolineata la prova entusiasta dell’altro chitarrista Frank Blackfire, in ottima forma. La scaletta quindi è stata incentrata su pezzi vecchi, i Sodom sono partiti con quattro canzoni dal loro ultimo, autointitolato album, per poi suonare alcuni pezzi che non suonavano da anni in compagnia degli ex membri. Jammata finale con tutti sul palco. Idea simpatica per festeggiare il venticinquesimo anniversario della band.
SETLIST:
Blood on your Lips
Wanted Dead
City of God
Bibles and Guns
Burst Command ‘Til War
Obsessed by Cruelty
Christ Passion
Magic Dragon
Tarred and Feathered
The Crippler
Get What you Deserve
Abuse
Scum
Frozen Screams
Warlike Conspiracy
Genocide
Lords of Depravity
Sodomy and Lust
Ausgebombt
The Saw is the Law
Outbreak of Evil
Bombenhagel

 

TYR

Sono circa le 20 quando davanti all’entrata del tendone che ospita Wet Stage si accalca una quantità di persone oltre le previsioni. Appare quasi un’impresa riuscire a farsi largo tra la folla evitando le pozze di fango ed è subito evidente che il posto riservato ai faroesi Tyr è decisamente sottostimato. La band è infatti una delle migliori realtà epic-folk metal uscite negli ultimi anni ed è comprensibile che ci sia un notevole interesse nel verificare se i quattro nordici ci sappiano fare anche in sede live. La band attacca alla grande con “The Edge” e dopo qualche piccola imprecisione inizia a carburare alla grande. Il cantante-chitarrista Heri sfoggia una buona disinvoltura sia come frontman che nella riproposizione di linee vocali tutt’altro che scontate. Il concerto scorre liscio passando per “Regin Smidur” e “Lord Of Lies”, accolte con applausi da un pubblico decisamente soddisfatto. Da evidenziare la stupenda ed evocativa “Ragnarok” dall’ultimo omonimo album, suonata alla perfezione da una band assolutamente professionale. I 45 minuti a loro disposizione scorrono via veloci e si chiude con “Ramund Hin Hunge”, un successo visto il numero di fan che cantano a memoria il pezzo. Concerto breve ma intenso che ha confermato le ottime qualità dei Tyr. Speriamo solo che la prossima volta vengano a loro riservati un palco ed un minutaggio adeguati.
SETLIST:
The Edge
Regin Smidur
Lord Of Lies
Hail To The Hammer
Ragnarok
Wings Of Time
Ramund Hin Hunge

SAXON

Eccoci agli headliner della prima serata. Biff, Quinn e soci sono una vera e propria garanzia e, nonostante l’età, sono sempre in grado di distinguersi dalla massa per professionalità e resa live. Un megaschermo piazzato sul fondo del palco e la celeberrima aquila d’acciaio sono gli unici elementi coreografici di un concerto che parte in quarta con “Heavy Metal Thunder”, seguita da “Let Me Feel Your Power”, presente sull’ultimo album “The Inner Sanctum”, dal quale verranno estratte anche “If I Was You” la stupenda “Red Star Falling”, “Atila The Hun”, l’anthemica “Ashes To Ashes” e la rockeggiante “I’ve Got To Rock (To Stay Alive)”. La band è come sempre puntuale e compatta e solo Biff , con sciarpa al collo, appare un pochino più sporco del solito ma certo non si risparmia sia sugli alti che sulle parti più atmosferiche come la mitica “Crusader”. Nel corso della performance vengono riproposti tutti i classici del gruppo, tra cui “Motorcycle Man”, “20000 ft”, “Dogs Of War”, “Denim And Leather” e l’immortale “Princess Of The Night”. Il numerosissimo pubblico ovviamente non può che applaudire e apprezza anche brani più recenti quali “Witchfinder General” o “To Hell And Back Again” che sarà presente sull’imminente DVD. Durante “747 (Strangers In The Night)”, fa capolino Tobias Sammet degli Edguy e duetta con Biff, strappando non pochi applausi dalla platea. Dopo un breve guitar solo di Doug Scarratt il concerto si chiude con l’accoppiata “Wheels of Steel”/ “Strong Arm Of The Law”, durante le quali il frontman si diverte a far cantare il pubblico, suddividendolo in “crazy bastards” e “crazy metalhead…bastards”. Le urla e gli apprezzamenti salutano una buona esibizione, l’ennesima prova che i maestri sono ancora in grado di insegnare.
SETLIST:
Heavy Metal Thunder
Let Me Feel Your Power
Dogs Of War
If I Was You
747 (Strangers In The Night)
To Hell And Back Again
Motorcycle Man
Red Star Falling
Witchfinder General
Solid Ball Of Rock
2000 ft.
The Bands Played On
Princess Of The Night
I’ve Got To Rock (To Stay Alive)
Atila The Hun
Denim And Leather
Ashes To Ashes
Crusader
Guitar Solo
Wheels Of Steel
Strong Arm Of The Law

 

OVERKILL

Party Stage: è circa mezzanotte di questa prima e intensa giornata. Il terzo palco del Wacken è gremito all’inverosimile. Nessuna meraviglia: suonano gli Overkill, dei mostri sacri del thrash metal mondiale. A tanta gente (chi scrive compreso) viene in mente che quel palco andasse stretto agli americani del New Jersey. Gli Overkill salgono sul palco e subito partono le note devastanti di “Necroshine”. Delirio e headbanging. A ruota si ascoltano “In Union We Stand” con il coro cantato a squarciagola da tutti, la mitica “Wrecking Crew”, “Fuck You”, con la gente a gridare “I don’t care what you say Fuck You Fuck you!”, e anche “Old School”, unica traccia estratta dall’ultimo album “Relix IV”. Sono state eseguite anche due canzoni dall’imminente album “Immortalis” in uscita quest’anno. Una di queste, “Skull and Bones”, è stata una mazzata assurda, thrash metal sostenuto per una canzone dai tanti cambi di tempo che promette sfracelli. Niente altro da dire, guardare il fisico statuario di Bobby “Blitz” Ellsworth immerso nel fumo del palco, e ascoltare la sua voce, granitica e potente come sempre, è stato uno dei migliori momenti del Wacken 2007. Fra le prime cinque band dell’intero festival, senza alcun dubbio.

AMORPHIS

Ore 11,50 del venerdì, gli Amorphis dovrebbero iniziare tra una decina di minuti. Peccato che poco distante dal True Metal Stage stia andando a fuoco una vasta area del tappeto di paglia, posato durante la notte dagli addetti per fronteggiare il fango. La situazione è abbastanza seria e pericolosa ma l’intervento dei pompieri scongiura il peggio e il rogo viene domato nell’arco di mezz’ora. Il concerto degli Amorphis viene rimandato al pomeriggio… Poco più tardi eccoci qui la seconda volta davanti al palco. Si inizia con “Leaves Scar” da “Eclipse”, album dal quale verranno suonati diversi pezzi, e si procede con “The Smoke”. Tomi Joutsen si conferma un ottimo e carismatico cantante, in grado di alternare al meglio growl e voce pulita. I pezzi convincono il pubblico, che non risparmia applausi ed incita il gruppo a più riprese, anche se gli apprezzamenti piovono soprattutto con i pezzi più datati come “Sign From The North Side”, “My Kantele” e “Black Winter Day”. Pochi pezzi ma una setlist intensa permettono alla band uscire di scena da vincenti e non resta che ben sperare nel nuovo e atteso album “Silent Waters”.

NAPALM DEATH

Mentre la gente ancora osserva i pompieri (quelli veri, non i musicisti) intenti a domare gli ultimi focolai, ecco i quattro di Birmingham salire sul palco a fare casino. Scaletta identica a quella del tour di “Smear Campaign”, velocità folli, riffoni assurdi e basso di Shane Embury a costruire il solido muro del suono della band. Si susseguono quindi senza grandi pause i classici della band, “Suffer The Children”, “Unchallenged Hate”, “From Enslavement To Obliteration Control”, “Scum” e anche la velocissima “You Suffer” che dura un secondo appena. Dal periodo di fine anni ’90 della band, quello sperimentale, viene eseguita solamente “Breed To Breathe” il cui giro di basso di Shane Embury fa girare vorticosamente la testa. Il finale è tutto per “Smear Campaign”. Senza pausa vengono eseguite “Persona Non Grata” seguita da “Smear Campaign”. Ma non è finita, c’è ancora un minutino e allora come non eseguire il classico “Nazi Punk Fuck Off” dei Dead Kennedys. I Napalm Death sono una band che oramai dal vivo si produce in concerti sempre precisi, veloci, efferati. Il pit, durante un loro concerto, è quanto di più distruttivo si possa immaginare. I cambi di tempo repentini, i riff velocissimi e quelli lenti ma potentissimi, sono quanto di meglio per scatenare un pogo dissennato. Casinari come al solito.

THERION

Grande cambio di scenografia per i Therion. Gli addetti al palco montano due specie di ringhiere con due piccoli palchi. Sale sul palco la band, da una parte si sistemano le due cantanti femminili, Lori Lewis e Katarina Lilja, e dall’altra i due cantanti maschili. Le premesse del concerto, ad opera dello stesso leader della band, prevedevano l’ultimo show dei Therion con Mats Leven alla voce. Invece a sistemarsi nell’altro piccolo palchetto sono il poliedrico Snowy Shaw (già batterista con King Diamond ma che aveva cantato sull’ultimo album dei Therion) e il nuovo cantante Tomas Vikstrom, ex Candlemass dell’era “Chapter VI”. Autentiche ovazioni quando vengono suonate “The Rise Of Sodom And Gomorrah”, estratta da “Vovin” e “To Mega Therion” da “Theli”. Nella scaletta trovano posto anche “Blood Of Kingu”, “Seven Secrets Of The Sphinx” e “Lemuria”. Dispiace che non sia Mats Leven a cantare le canzoni da lui stesso registrate in studio, le songs specie dell’ultimo album, “Gothic Kabbalah” avrebbero avuto un altro impatto con lui alla voce. Niente pezzi vecchi e purtroppo neanche la nuova “Adulruna Rediviva” tagliata in seguito al mancato arrangiamento in sede di prove. La band è ormai rodata a concerti di alto livello, ma traspare nei visi dei musicisti l’elettricità per una cosi vasta e sterminata platea.

POSSESSED

Fa caldo ma la gente affolla il black stage. C’è una grande band che fra poco inizierà a suonare, gli americani Possessed. In realtà non sono veramente tutti i Possessed, ma solamente Jeff Becerra, storico singer ora sulla sedia a rotelle, accompagnato dalla line up dei “Sadistic Intent”, una delle band che ha suonato sul tributo alla band californiana. Il cantante è eccezionale, nulla lo ha fermato e anche nel backstage è stato di una disponibilità enorme. Si dimena anche sulla sedia a rotelle. La band apre con “The Exorcist”, storico pezzo díapertura di “Seven Churches” ed è subito thrash/death metal. Si prosegue poi con altri pezzi che hanno fatto la storia del death metal, ovvero “Tributlation”, “The Heretic”, “Evil Warriors” e “Beyond The Gates”. I suoni non sono chiari e cristallini, ma molto cupi e impastati, praticamente proprio come sugli album della band. Un pezzo di storia all’opera.

GRAVE DIGGER

A causa di un disguido arriviamo in ritardo sotto il True Metal Stage e purtroppo lo show dei Grave Digger è già iniziato da un pezzo. Peccato, perché la band appare in forma e il clima che si respira è quello giusto, con un numeroso pubblico che non nasconde il proprio attaccamento al gruppo. Chris è il solito animale da palco e sulle note di “The Last Supper” incita e fa cantare la folla. Segue “Morgane Lefay”, un brano molto amato in Germania e che strappa molti consensi. A ruota la devastante “Scotland United” che, come al solito, scatena un body surfing impressionante. I quattro “ragazzi” proseguono spediti come treni con “The Grave Digger” con un Manni sicuramente in grado di offrire qualcosa in più sui pezzi dell’era post-Lulis. Gran finale tra gli applausi con “Rebellion” (cantata da TUTTI) e la storica “Heavy Metal Breakdown”… maledetto il ritardo che ci ha fatto perdere la parte iniziale del concerto!

FALCONER

Nemmeno il tempo di respirare e dopo i Grave Digger è il turno dei Falconer, anche se la cosa comporta un’epica trasmigrazione (anche se sarebbe meglio parlare di “transumanza”) verso il Party Stage. Il gruppo è reduce dalla pubblicazione del nuovo e buono “Northwind” e soprattutto dal rientro in formazione di Mathias Blad, cantante con un background come attore di musical e dalla timbrica particolare che è da sempre uno dei punti di forza della band. Ed è proprio il brizzolato e barbuto singer l’elemento che incuriosisce, anche in sede live. Mathias appare infatti sì in forma, ma statico e poco a suo agio come cantante di un gruppo metal. Questo suo timido modo di porsi costituisce comunque una peculiarità dell’esibizione dei Falconer, contrastando non poco con l’atteggiamento della rumorosa e infangata folla astante. La setlist è ovviamente incentrata sull’ultimo disco e pezzi come “Spirit Of The Hawk”, “Northwind” o la bellissima “Catch The Shadows”  colpiscono dritti nel segno, grazie ad una buona prestazione della ciurma guidata dal chitarrista e leader Stefan Weinerhall. Nel frattempo il pubblico davanti al Party Stage si fa insolitamente numeroso e scoppiano ovazioni quando Mathias annuncia “Upon The Grave Of Guilt” e “Mindtraveller” entrambe presenti sull’omonimo disco d’esordio.  Il finale con “The Clarion Call” vede la band uscire di scena tra saluti ed applausi. In definitiva, un concerto musicalmente soddisfacente e che ha risentito forse dell’assenza di un minimo di scenografia.

TURBONEGRO

I norvegesi sono una band abbastanza fuori dagli standard del metallo estremo. Ci si attende quindi uno show pieno di divertimento e cosi è. Lo si capisce appena si sentono le prime note dell’album “Retox” e la band fa il suo ingresso sul palco. Il cantante si fa largo sul palco con la sua mole immensa coperto di stracci che si rifanno alla bandiera degli stati uniti. La sua pancia è enorme. Si parte subito con l’uptempo “We’re Gonna Drop The Atom Bomb”, prima traccia estratta dal loro nuovo lavoro “Retox”, molto bello. I testi sono sempre gli stessi, sesso sesso e ancora sesso con sottili doppisensi che generano tanta ilarità. Si susseguono quindi “Welcome To The Garbage Dump”, “No I’m Alpha Male” e poi le classiche “The Age of Pamparius” (applauditissima), “All My Friends Are Dead”, una delle canzoni migliori della loro discografia così come “Wasted Again” entrambe estratte da “Party Animals”. La chiusura è affidata a “I Got Erection”, invocata a gran voce dal pubblico, ovviamente grande protagonista nel coro. Concerto bellissimo e che ha permesso di staccare dal metal della giornata.

ENSLAVED

E’ pomeriggio inoltrato, ci si avvia al tramonto e il Party Stage comincia a popolarsi oltremodo. C’è gran casino per accedervi e si capisce che sul palco sta arrivando una band “seria”. Sono gli Enslaved, i norvegesi che dal 1993 sono passati dal viking metal ad un metal melodico e psichedelico, a salire sul palco per estasiare i presenti con un ora della loro musica. Grutle Kjellson è ispirato, galvanizzato dalla folla accorsa in gran numero. Il leader di sempre della band insieme al gemello (musicalmente parlando) Ivar, presenta ad una ad una “Fusion Of Sense And Earth”, estratta dall’ultimo Ruun e di gran lunga la song più movimentata della setlist, “As Fire Swept Clean The Earth” e “Isa”. Prima del gran finale viene eseguita “Ruun”, con un coro di voce pulita assolutamente da brivido prima di ascoltare “Return to Yggdrasil”, estratta da “Isa”. L’ultima fatica della band è l’immensa e bellissima “Slaget I Skogen Bortenfor”, estratta dal mini cd split con i conterranei Emperor. Era il 1993. Gli Enslaved da allora di strada ne hanno fatta, ad oggi sono una bellissima realtà del panorama metal, cosi come bellissimo è stato il concerto.

BLIND GUARDIAN

Dopo la scadente prestazione di Hansi Kursch al nostrano Gods Of Metal, era sorta qualche più che lecita preoccupazione riguardo alle future apparizioni live dei Blind Guardian. Sono passati solo due mesi da quel concerto e fatichiamo a credere che questa sera le cose possano andare tanto diversamente. Mancano pochi minuti all’inizio dello show dei veri headliner del W.O.A. 2007, ed il numero di metalead accalcati davanti al True Metal Stage è a dir poco impressionante e si fatica non poco a guadagnare una posizione favorevole. L’intro “War Of Wrath”, un boato di acclamazione e via con “Into The Storm”. La band gira alla grande ma quello che conta è che Hansi è in forma (oro colato rispetto al Gods), e poco importa se qualche difficoltà sugli alti è sempre presente o se abbassa di tono qualche strofa, lui è così e si sa. Si prosegue con una tripletta micidiale composta da “Born In A Mourning Hall”, “Nightfall” e “The Script For My Requiem”, ed è molto emozionante sentire svariate decine di migliaia di persone cantare a memoria i ritornelli, applaudire e lanciarsi in un pericoloso (vista la stazza media dei tedeschi) body surfing. La scenografia non è delle più imponenti e sul fondo del palco la musica viene accompagnata dalla proiezione di immagini. Al contrario il suono è impeccabile, potente e nitido. I brani più nuovi, articolati e meno diretti come “Fly” o “Otherland” vengono sapientemente alternati a bombe quali “Valhalla” o “Welcome To Dying”, scelta che si dimostra vincente nel mantenere costantemente alta la tensione tra il pubblico. Il tempo scorre ed è presto il turno di “The Bard Song (In The Forest)”, come al solito cantata da tutti gli astanti. Dopo questo breve momento di quiete si torna a correre con pezzi tipo “Time Stands Still (At The Iron Hill)” o “Punishment Divine”, con conseguente headbanging di massa. Sul palco vengono accese diverse torce e parte “Lord Of The Rings”, sicuramente uno dei momenti più toccanti del concerto, che si chiude con “Mirror Mirror”. In definitiva, questa volta i Blind non hanno certo deluso ed hanno dimostrato che il posto da headliner in madre patria era del tutto meritato.
SETLIST:
War Of Wrath
Into The Storm
Born In A Mourning Hall
Nightfall
The Script For My Requiem
Fly
Valhalla
Otherland
Welcome To Dying
Traveller In Time
The Bard Song (In The Forest)
Bright Eyes
Time Stands Still (At The Iron Hill)
Imaginations From The Other Side
Punishment Divine
Lord Of The Rings
This Will Never End
Mirror Mirror

 

SAHG

Mentre i loro conterranei Dimmu Borgir fanno il pienone nel palco principale, sul palco piccolo del Wet Stage salgono i Sahg, creatura fresca del panorama metal norvegese dedita a uno stoner doom. Nelle sue fila troviamo il blackster King Ov Hell, dei Gorgoroth (rientrato in band recentemente almeno in sede live) e fa un po’ impressione vederlo senza trucco dimenarsi sul palco abbastanza allegramente. La proposta dei nostri è eccellente. In pratica tutto l’album di debutto, “I”, viene suonato. Si parte con “Repent” che inizia morbidamente, per poi scaldarsi con le tracce pi˘ sostenute come “Soul Exile” e “The Alchemist”. Il nuovo album di questa band è in uscita e promette faville, una realtà diversa da una terra che ci ha da sempre abituato bene a livello musicale. Seguiteli perchè faranno strada di sicuro.

ICED EARTH

E’ mezza notte e mezza e dopo una giornata fisicamente devastante è il turno degli Iced Earth, attesissimi soprattutto da chi ancora non ha avuto modo di vederli con alla voce l’ex-Judas priest Tim Owens. L’inizio con la tripletta “Burning Times”/”Declaration Day”/”Violate”, eseguite senza pause e tra fiammate verdi, è folgorante, sebbene la chitarra di Troy Seelie manifesti qualche problema tecnico. Si prosegue con un “Vengeance Is Mine” e Owens dimostra le sue doti di gran cantante, riuscendo nel difficilissimo compito di non sfigurare sui vecchi pezzi anche se, ovviamente, impressiona soprattutto sulle canzoni intagliate per la sua ugola come la nuovissima “Ten Thousand Strong”. Trattasi del nuovo singolo, una canzone dall’impatto live davvero notevole, qui accompagnata da fiamme ed effetti pirotecnici. I fan rispondono alla grande, anche se sono evidenti i segni di stanchezza presenti sui loro volti. “The Hunter”, suonata impeccabilmente (gli anni passano ma Schaffer macina sempre riff precisi al millisecondo), ci porta a “Stormrider”, con Schaffer che prende temporaneamente posto dietro al microfono. La nuova lineup, con Brent Smedley alla batteria e Dennis Hayes al basso, sembra funzionare alla grande. Viene proposta anche “A Charge To Keep” un altro pezzo che sarà presente dall’imminente nuovo disco, un mid tempo di discreta fattura che sembra trovare i favori del pubblico. Giusto il tempo per “My Own Savior”, seguita poi dall’intera trilogia finale di “Something Wicked This Way Comes”, contornata da effetti pirotecnici che ne aumentano a dismisura l’impatto. Il finale è affidato ad “Iced Earth” e dalla platea si levano applausi di approvazione per una prestazione di gran spessore e che ci costringe a prenotare il biglietto per l’imminente tour autunnale.
SETLIST:
Burning Times
Declaration Day
Violate
Vengeance IS Mine
Ten Thousand Strong
The Hunter
Stormrider
A Charge To Keep
My Own Savior
Prophecy
Birth Of The Wicked
The Coming Curse
Iced Earth

FASTWAY

I Fastway, la band di Fast Eddie Clark. Si quello dei Motorhead. E allora per un attimo lasciamo perdere tutte le band che stanno facendo caciara sugli altri palchi e tuffiamoci in questo viaggio nei seventies, dove líhard rock di stampo zeppeliniano la faceva da padrone. Eddie Clark è superlativo, ispirato, e i suoi assoli si sposano con la bellissima voce del cantante. A tratti sembra di ascoltare gli Zeppelin che suonano un po’ più veloce. Un ottimo concerto che ha consentito alle orecchie di riposare un po’ e di ammirare un vecchio chitarrista sempre attuale e ispirato.

SAMAEL

Alle due di notte sono gli svizzeri a chiudere la giornata dinanzi a qualche migliaio di spettatori. “Solar Soul”, opener dell’omonimo album, fa subito la comparsa e dimostra anche in sede live di essere una canzone che non sfigura al cospetto del repertorio della band, così come per “Son Of Earth”, altra canzone che ben figura estratta dal precedente album della band. Dal nuovo album è stata eseguita anche “Slavocracy”. I classici della band come “Rain”, “The One Who Came Before”, “My Saviour” e “Baphomet’s Throne” si susseguono fra la compiacenza del pubblico che assiste compatto nonostante l’ora tarda e nonostante sul palco principale stiano suonando i tedeschi Die Apokalyptischen Reiter che godono di un seguito sterminato in patria. Ma la particolarità della band, cosi come la particolarità dell’alternanza strumentale di Xy che passa dalle percussioni alle tastiere sempre con ottimi risultati ha un grande appeal sul pubblico. Nonostante i suoni freddi che hanno in studio, i Samael dal vivo dimostrano sempre di essere un ottima band che ha fatto la storia del metal misto con l’elettronica. Anche per oggi le luci dei palchi si spengono e a noi non resta che gettarci nel marasma del Beergarden.

SACRED REICH

Insieme agli Overkill sono i portabandiera qui a Wacken del thrash metal made in USA. Il loro show è devastante, anche sotto un caldo cocente. Gli anni in più non hanno intaccato il valore della band. Riunitisi questíanno dopo 7 anni di inattività, la band di Phoenix devasta letteralmente il pit sulle note di “Indipendent”, “One Nation” e “The American Way” introdotta dal classico “No Truth, no justice: the american way!”. Propongono anche “War Pigs” dei Black Sabbath, prima del finale con la mitica “Surf Nicaragua”. In grande forma. Thrash metal allo stato puro, fra le migliori band del festival.

STRATOVARIUS

E’ passato ormai diverso tempo daquando gli Stratovarius rischiarono di sciogliersi, salvo poiritornare quasi completamente sui loro passi e sfornare l’omonimoalbum. L’apparizione dello scorso anno al Gods Of Metal aveva messoin evidenza una band appannata e decisamente meno affiatata rispettoai fasti del passato. Una buona sorpresa quindi constatare con questoshow che il gruppo ha quasi completamente recuperato la forma che locontraddistingueva. La scenografia è ridotta ai minimitermini, con un solo un telone appeso sul fondo del palco. Si partecon la classica “Hunting High And Low”, doppiata da “Speed OfLight” e l’immancabile “Paradise”. Tolkki non è sempreprecisissimo ma appare più coinvolto e forse anche menoappesantito rispetto al recente passato. Kotipelto canta alla grande,anche se qualche piccola difficoltà la incontra sui pezzi piùimpegnativi come “Father Time”. L’apice del concerto vieneraggiunto con la lunga e stupenda “Visions (Southern Cross)”, altermine della quale non possono che piovere applausi. Per chi sistesse chiedendo cosa i quattro finnici stiano preparando per laprossima release ecco l’inedita “Last Night On Earth” un belpezzo, il classico singolo alla Stratovarius, un mid tempo melodico emolto orecchiabile. Il tempo è tiranno e Jens Johanssonintroduce “Black Diamond”, che segna la fine di un concertopositivo e che, a parte una setlist un po’ scontata, lascia bensperare per il futuro degli Stratovarius.

SETLIST:
Intro
HuntingHigh And Low
Speed Of Light
Distant Skyes
Million LightYears Away
Father Time
Visions (Southern Cross)
Last NightOn Earth
Eagleheart
Black Diamond

RAGE

C’è grande attesa per il concerto dei Rage, band attivissima sia dal punto di vista discografico che live, ma in questo caso non si tratta certo del solito show. Alle 17 circa del pomeriggio inizia a disporsi sul True Metal Stage tutta la Lingua Mortis Orchestra e, terminati i preparativi, irrompono Peavy, Victor Smolski ed il nuovo batterista Andre Hilgers, posizionato sulla destra dello stage. Attaccano con la cadenzata “From The Cradle To The Grave” da “XIII” e, dopo qualche piccolo aggiustamento qua e là, il muro sonoro che inizia ad uscire dalle amplificazioni è a dir poco impressionante. Anche l’impatto visivo dato dalla schiera di strumentisti presenti sul palco è decisamente notevole (soprattutto le violiniste…). Si prosegue con la versione orchestrale di “Alive But Dead” e con “French Bourree”, una bonustrack di “Soundchaser”. Gli elementi dell’orchestra si fondono alla perfezione con il magistrale lavoro di chitarra di Victor, anche impegnato nel coordinare l’alternanza tra parti orchestrali e non. La voce ruvida di Peavy non perde un colpo e dopo una tranquilla “Black In Mind” è il turno di “Sent By The Devil”, pezzo che, dopo una partenza lenta ed orchestrale, esplode nella sua classica forma heavy e tirata, per poi ritornare su tempi moderati con il ritorno del supporto dell’orchestra. L’ottima “Turn The Page” ci porta all’intera “Suite Lingua Mortis” dall’ultimo album “Speak Of The Dead” e si corre veloci verso il finale con “Higher Than The Sky” e con i saluti ed il congedo di tutta l’orchestra. Tutto sembra finito e anche guardando l’orologio pare che l’ora e mezza di show sia terminata ma i tre ritornano sul palco per ricordare a tutti che i Rage sono innanzitutto una heavy metal band. Via quindi ad una sparatissima “Refuge” che segna la fine definitiva dell’esibizione tra gli applausi della numerosissima folla. Sicuramente una delle migliori esibizioni di tutto il festival, peccato solo che non si sia svolta di notte, con il supporto dell’imponente impianto luci del True Metal Stage.
SETLIST
Intro
From The Cradle To The Grave
Alive But Dead
French Bourree
Black In Mind
Sent By The Devil
Turn The Page
Morituri Te Salutant
Prelude Of Souls
Innocent
Depression
No Regrets
Confusion
Black
Beauty
Higher Than The Sky
Refuge

DESTRUCTION

Il concerto commemorativo del venticinquesimo anno di attività dei Destruction è stato annunciato come qualcosa di veramente speciale, un best of-show con tanto di ospiti illustri e vecchi membri della band. Grandi aspettative quindi che iniziano a materializzarsi già dalla prima canzone, “The Butcher Strikes Back”. L’inizio è devastante, grazie ad un suono da subito ottimale e flash bomb a contornare il thrash metal d’assalto della corazzata guidata dal mastodontico Schmier. Avanti con le mazzate grazie alla mitica “Curse The Gods” e a “Nailed To The Cross”, quest’ultima eseguita tra fiammate e urla di un pubblico assolutamente appagato. Mike scarica sulla folla riff assassini a non finire e Schmier è come sempre in gran forma. Con la successiva “Mad Butcher” il pubblico si infiamma sul serio e sul palco sale anche il macellaio pazzo in persona, con tanto di mannaia, carne da fare a pezzi e gettare sul pubblico e le sue fide “pleasure slaves” (due zocc…, ragazze poco vestite e molto truccate). E’ il turno di “The Alliance Of Hellhoundz” e per l’occasione assieme alla band cantano Peavy Wagner (Rage), Tom Angelripper (Sodom), Bobby “Blitz” Ellsworth, Oddleif Stensland (Communic) e alla chitarra compare l’ex membro Harry Wilkens. Alla fine di un’esplosiva “Soul Collector” Schmier scorge una bandiera italiana e spara un “Porco xxx!!!” seguito da un “Bela Italiaaa!”. Lo show scorre veloce passando per perle quali “Death Trap” o “Life Without Sense”. Le sorprese non sono finite: vengono tolti i teli da due batterie ai lati di quella di Marc e dietro ad esse prendono posizione gli ex batteristi del gruppo Oliver “Olly” Kaiser e Sven Vormann. Impressionante l’esecuzione di “Antichrist” e “Reject Emotions” con tre batterie. Con “Total Desaster” ecco ricomparire Harry Wilkens e questa volta anche Thomas “Tommy” Sandmann , il primo batterista dei Destruction, qui però presente in veste di cantante. Il finale è un macello: tutti i vecchi membri sul palco con tre batterie, due chitarre, due cantanti, il macellaio pazzo e le sue ragazze per una “Bestial Invasion” da infarto. Un concerto memorabile quindi e che in più frangenti ha assunto i connotati di una vera e propria festa.
SETLIST:
The Butcher Strikes Back
Curse The Gods
Nailed To The Cross
Mad Butcher
The Alliance Of Hellhoundz
Soul Collector
Death Trap
Unconscious Ruins
Life Without Sense
Antichrist
Reject Emotions
Thrash ‘Til Death
Total Desaster
Eternal Ban
Bestial Invasion

IMMORTAL

Ci sono reunion e reunion. Metalitalia.com ha avuto modo di vederli all’opera già nell’edizione di questíanno dell’Inferno Festival, e la loro prova fu pessima. A Wacken sono andati leggermente meglio, ma per chi li ha visti nei tempi d’oro è difficile entusiasmarsi di fronte a quanto hanno offerto a Wacken. L’attesa era tanta, ma l’esibizione del terzetto norvegese non è stata all’altezza. L’inizio del concerto però è stato da brividi. Sta per tramontare, tardi di sera, il sole non c’è quasi più e Abbath, con la sua bellissima voce, mira il sole con il braccio ed esclama “Hi, we’re Immortal, and the sun no longer raises”. E via le note di questa canzone fantastica dallo storico album “Pure Holocaust” dal quale segue poco dopo anche “Unsilent Storm In The North Abyss”. Meglio nelle canzoni estratte da “At The Heart Of Winter”, come “Withstand The Fall Of Time”, male in quelle da “Battles In The North” come la title track, storpiata e mozzata e “Blashyrk” che oramai gli Immortal non sono capaci a suonare decentemnte. Finisce così un concerto abbastanza deludente. Ora si aspetta il nuovo album, ma dal vivo intanto devono fare onore alla fama che li precede, senza alcun dubbio.

STORMWARRIOR

Gli Stormwarrior hanno la grande fortuna di essere finiti sotto l’ala protettrice di Kai Hansen, l’inventore del power metal. Oggi i quattro ragazzi si apprestano a ricoprire addirittura il ruolo da headliner del Party Stage, una posizione di tutto rispetto per un gruppo al secondo disco. Ma, come già detto, non è tutta farina del loro sacco perché questa sera c’è grande attesa soprattutto per l’annunciata partecipazione di Kai. L’inizio dello show è dedicato alla discografia degli Stormwarrior, gruppo che appare da subito compatto anche se approssimativo dal punto di vista della precisione e della tecnica. Thunder Axe, alias Lars Ramcke, si impegna al massimo nonostante la sua voce non sia niente di che (come su disco) e pezzi come “Signe Of The Warlorde”, “Thunderer” o “Heavy Metal Fire” fanno la loro sporca figura, grazie anche ad un imponente utilizzo di effetti pirotecnici. Ma dalla folla si leva un boato quando la band attacca con “Ride The Sky” e Kai Hansen compare dal fondo del palco. Da lì in poi è tutta una festa, una sorta di revival dei giorni di “Walls Of Jericho”. Kai canta e si muove come un forsennato e il sorriso stampato sulle facce dei presenti la dice lunga. “Murderer”, ”Phantoms Of Death”, “Victim Of Fate”, “Judas” e “Heavy Metal Is The Law”, un concerto senza dubbio singolare per i moltissimi amanti del power metal presenti. C’è anche tempo per la mitica “I Want Out”, tra urla e body surfing. La band e un Kai Hansen parecchio divertito e sorridente salutano e si dileguano tra gli applausi di un pubblico soddisfatto.

MUNICIPAL WASTE

C’è tanta curiosità da parte di chi scrive per seguire l’esibizione dei Municipal Waste, di cui giravano tante voci positive sul loro impatto live. Il wet stage è gremito all’inverosimile e chi non ama le sonorità power in atto sui palchi principali del festival può venire ad ascoltare la band. Il palco, cosi come la folla assiepata, trasuda underground. Il palco grande non avrebbe permesso il loro così corpulento show. Infatti sul piccolo stage bagnato è stato possibile far salire i fan per far loro bere la birra col tubo fino a sfinirli, oppure scatenare dei circle pit devastanti ma anche organizzare il “Wall Of Death”, ossia quando la folla si schiera di fronte a mo’ di due muri contrapposti che poi si scontrano devastandosi. Tony Foresta è singer carismatico e tiene il palco divinamente, presentando le canzoni, facendo sentire i fan parte viva del concerto, il tutto sulle note della musica dei nostri, a volte thrash metal, spesso hardcore che dal vivo si riduce a pura adrenalina. Difficile stare fermi, viene spontaneo buttarsi nella mischia e lasciarsi coinvolgere dall’orda di caciara che si crea durante un loro show. Sicuramente dal vivo hanno una marcia in più, la folla ha gradito e la band ha convinto. Casino allo stato puro.

IN FLAMES

I cinque ragazzi di Goteborg di strada ne hanno fatta e sono cambiati parecchio da quel “Lunar Strain” uscito ormai tredici anni fa. Oggi, dopo una sterzata verso sonorità moderne, molto orecchiabili e di presa, sono qui a godere della popolarità guadagnata. La gente si è infatti assiepata numerosissima davanti al True Metal Stage e gli indugi vengono spezzati dalla nuova “Leeches”. Anders Friden, con il suo ormai solito look “no global”, salta da una parte all’altra del palco metre stupisce vedere un brizzolato Bjorn Gelotte con capelli corti. Si prosegue con “Crawl Through Knives” e, anche se la band è impeccabile, il pubblico appare stranamente poco reattivo. Ad ogni modo gli applausi non mancano certo, anche perché Anders Friden si conferma un frontman di assoluto livello, capace di intrattenere la folla con il suo sarcasmo ed una punta di autocelebrazione. Il concerto è tutto un susseguirsi di hit come “Pinball Map” e “Trigger” , contornate da fiammate e botti a non finire. La scaletta è incentrata sugli ultimi dischi anche se non manca qualche episodio del passato come “Graveland” ed “Episode 666”. E’ però a concerto inoltrato, con “System”, che la folla inizia ad agitarsi sul serio. La grande scritta “In Flames” sul fondo del palco si illumina e dopo “Egonomic”, con Friden che scorda simpaticamente la chitarra di Gelotte, il cantante dichiara il suo amore per gli Scorpions e quindi ecco il lento “Come Clarity”, ed è impressionante vedere in tutta la sterminata platea il luccicare degli accendini. Come da copione, “Only For The Weak” fa saltare le decine di migliaia di anime presenti e ci si avvia verso la fine dell’esibizione. Chiusura dedicata quindi all’accoppiata “Take This Life” (con Friden comprensibilmente in debito d’ossigeno) e “My Sweet Shadow” con tanto di fuochi d’artificio ad illuminare il cielo. Un concerto sicuramente notevole. A conti fatti è sembrato di rivivere la loro esibizione del 2003.
SETLIST:
Leeches
Crawl Through Knives
Dead Alone
Pinball Map
Trigger
Episode 666
Graveland
Colony
System
Bottled
Egonomic
Come Clarity
Only For The Weak
Cloud Connected
The Quiet Place
Take This Life
My Sweet Shadow

CANNIBAL CORPSE

E’ notte fonda e con dei suoni praticamente perfetti, accompagnati da un volume altissimo, i veterani del death metal statunitense salgono sul palco per devastare il Wacken Open Air targato 2007. Chi scrive li ha visti tante volte dal vivo ed Ë certo che anche questa volta gli americani non faranno sbavature. Così è. Si parte subito alla grande con alcuni pezzi estratti dai loro ultimi album per poi attingere a piene mani al repertorio della band. La scaletta quindi ricalca la stessa dell’ultimo tour europeo che li ha visti protagonisti anche in Italia (sold out a Roma!). Corpsegrinder è in grande forma. La folla sterminata lo esalta, lo gasa, e lui si lascia andare ad un “If you don’t bang or slam around, i’ll come off the stage and strange every single one”. Cattivissimo. Ora possono finalmente proporre anche a Wacken i brani dei loro primi tre album, bannati in Germania fino al 2006. I pezzi forti della discografia degli americani si susseguono senza sosta, compaiono quindi “Born In A Casket”, “Decency Defiled”, “Make Them Suffer”, “Disposal Of The Body” e la velocissima “Divoured By Vermin”. Classica dedica (“this song goes to all the fuckin women out there”) alle donne per “Fucked With A Knife” prima della song di chiusura che stranamente non è “Hammer Smashed Face”, suonata pure peraltro, ma “Stripped, Raped And Strangled” che chiude un concerto tritaossa. I Cannibal Corpse sono una macchina da guerra dal vivo, assolutamente precisi, violenti e chirurgici nel loro death metal brutale.

 

HAGGARD

Mentre i Cannibal Corpse distruggono il Black Stage, gli Haggard, con le loro dolci parti di musica classica, intrattengono il pubblico del Party Stage. Fortunatamente in madrepatria il gruppo è parecchio seguito e sin dalle prime note la platea sostiene a dovere i la dozzina abbondante di musicisti presenti sul palco. Viola, violino, clarinetto, piano, piatti, oboe e altri strumenti non meglio identificati a sostenere il lavoro magistrale del cantante chitarrista Asis Nasseri. Seppur le amplificazioni di questo palco non siano il meglio che il Wacken Open Air possa offrire, il suono è estremamente pieno e bilanciato, cosa non da poco considerando la complessità della musica proposta dal gruppo. Le sinfonie create dalla componente orchestrale si completano alla grande con le voci dei soprano e le partiture metal. Tra una “Eppur Si Muove” ed una “Awaking The Centuries” il simpatico cantante trova in più occasioni il tempo per chiamare in causa noi italiani ed il nostro Bel Paese, ricordandoci anche che siamo campioni del mondo. Un’esibizione molto positiva ed un’occasione per chi non li aveva mai visti, di assistere ad un concerto sicuramente particolare.
Giusto il tempo (e le forze) per una veloce occhiata ai Subway To Sally, dopodichè decidiamo di lasciare l’arena. Un ultimo giro al Beergarden e all’alba ci avventuriamo nella “tendopoli”, pensando già all’anno prossimo.
0 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.