22/06/2023 - WAYFARER + DREADNOUGHT + THYSIA @ Villa Albrizzi Marini - San Zenone Degli Ezzelini (TV)

Pubblicato il 27/06/2024 da

Report di Chiara Franchi

Dubitiamo esista, nel Nord Est, una location per concerti più bella di Villa Albrizzi Marini, a San Zenone degli Ezzelini (TV): antica residenza di una famiglia dell’aristocrazia veneziana, ha seguito nel tempo un percorso diverso da quello di molte altre ville della campagna veneta ridestinate all’hospitality o alle cerimonie.
Dietro Villa Albrizzi Marini c’è in fatti una moltitudine di piccole attività che, in quasi un decennio, hanno contribuito attivamente alla ristrutturazione delle varie aree del complesso aprendovi, tra le varie cose, punti vendita, uno studio di registrazione, un ristorante vegano, spazi di co-working, atelier fotografici e di tatuaggio, showroom e una libreria di seconda mano.
Vale quindi la pena arrivare a destinazione in anticipo sugli eventi live per curiosare tra le opere degli artigiani espositori, visitare la mostra allestita nei saloni affrescati, gustare le proposte dei punti ristoro o anche solo per sorseggiare un paio di spritz godendosi il profumo del gigantesco tiglio che domina la corte interna, mentre il sole cala sul parco e dietro le guglie della chiesetta ortodossa. Insomma, non potevamo sperare in una cornice migliore per vedere dal vivo uno dei gruppi black più interessanti della scena americana, i Wayfarer, in tour con il loro acclamato “American Gothic”.
Con loro, un’altra ottima formazione coloradiana, i Dreadnought, fautori di un raffinato blend di post-rock, doom e black metal. Ad aprire la serata, come sempre, un talento locale: stavolta tocca ai Thysia, che completano la line-up con il loro black metal ‘new-old school’.

Le previsioni incerte sono l’occasione per farci testare una gradita novità di Villa Albrizzi, ovvero la sala concerti allestita nelle restaurate scuderie.
Si tratta, più prosaicamente, di un’ex stalla di dimensioni abbastanza contenute, attrezzata con un piccolo bar e con dei gradoni in legno che fungono sia da rialzo per una miglior visuale, che da sedute per assistere ai concerti in tutta comodità.
Il setting è molto bello e accogliente, con le pareti in mattoni e le vecchie capriate a vista.  Anche l’acustica non sembra male, almeno a giudicare dalla performance dei THYSIA. La combo trevigiana, che include anche membri dei più noti Messa e di altre notevoli realtà della zona, ha all’attivo per ora solo il buon debut album “Island In Cosmic Darkness”: poche sorprese, quindi, sulla setlist.
Come accennato nell’introduzione, la proposta della band si fonda su una riproposizione in chiave moderna di alcuni stilemi nettamente old-school, che si rifanno soprattutto a varie espressioni della scena europea anni Novanta. Influenze che risultano pienamente dominanti su alcuni brani (come ad esempio su “Scorched Bronze Earth”), mentre su altri si innervano di reminiscenze più attuali, o di altri generi: è questo il caso di “Nexus Of Cataclysm Forces”, che risuona della vocazione doom del chitarrista Giorgio Trombino; o della psichedelica “Spiritual Desert”.
Anche la presenza della band incarna un certo gusto moderno per il retrò, che si manifesta nel look tutto pelle e borchie, nel corpse painting artigianale e nell’allestimento del palco con pesanti candelabri. Il live non solo rende pienamente giustizia a quanto ascoltato su disco, ma ne enfatizza la verve e la carica al tempo stesso grezza ed evocativa. Merito anche della presenza teatrale e coinvolgente dei musicisti, in particolare del frontman Mrak, vero maestro di oscure cerimonie.
Se le sonorità ‘dritte’ e graffianti dei Thysia sono risultate convincenti, la più complessa proposta dei DREADNOUGHT ha invece un po’ patito gli spazi ristretti. Composizioni così stratificate e ricche si prestano senz’altro a una dimensione intima, ma forse un po’ meno intima di quella offerta dalle scuderie di Villa Albrizzi.
I cinque musicisti sembrano anche un po’ ammassati sul piccolo stage, che la tastiera di Emily Shreve occupa per una significativa porzione.
L’esibizione della band di Denver è comunque un momento magico, che ci immerge in un oceano di suggestioni immaginifiche, potenti e fantasiose insieme.  Nemmeno sulla loro setlist si registrano grosse sorprese: ad eccezione della chiusura su “A Drifting Reign”, tratta da “A Wake In Sacred Waves”, stasera va in scena l’ottimo “The Endless”, uscito circa un anno fa per Profound Lore.
La brillante e personalissima interpretazione del terroir musicale nordamericano dei Dreadnought si dipana tra elementi che provengono sia dalla scena black atmosferica locale, che dal retaggio doom, che da una certa vena cantautorale postmoderna. Per quanto la formazione statunitense abbia un che di ‘corale’, è difficile non individuare nella cantante e polistrumentista Kelly Schilling una stralunata e istrionica guida attraverso questa eccellente performance. Spicca a nostro avviso, oltre ai singoli “Midnight Moon” e “Gears of Violent Endurance”, l’ambiziosa “Liminal Veil”.

E mentre fuori si rovescia un fresco piovasco estivo, si preparano a salire sul palco gli attesi WAYFARER.
Si comincia con una breve interruzione della corrente elettrica, risolta abbastanza in fretta da non smorzare l’atmosfera; anche perché ai cowboy del black metal bastano davvero pochi istanti per trasformare la stalla di un’antica villa veneta in un fienile del vecchio West.
Certo, la cornice è congeniale, come anche il denim e i texani che tanti dei presenti hanno scelto di indossare, ma è soprattutto il sound delle chitarre di Shane McCarthy e Joe Strong-Truscelli a suggerire spigolosi profili montuosi e canyon immaginari sulle note di “The Thousand Tombs of Western Promise”.
Si preannuncia così un live destinato a seguire in modo abbastanza rigoroso l’andamento dello splendido “American Gothic”, conservandone la narrazione e restituendone le atmosfere faulkneriane. Al termine del brano, un secondo blackout fa davvero temere il peggio, ma la paura dura poco: un paio di minuti e la magia è rievocata, prima con “The Cattle Thief” e, soprattutto, con “To Enter My House Justified”.
La potenza di questo pezzo – a nostro avviso tra gli highlight assoluti di un disco pressoché privo di passi falsi –  tracima nella sua versione live, sostenuta dal fuoco incrociato delle voci di McCarthy e del bassista Jamie Hansen. La sala, non affollatissima ma molto partecipe, è abbastanza calda per lanciarsi in un’incursione fuori dal perimetro dell’ultimo lavoro dei Nostri.
Con un gradito omaggio alla scuola spaghetti western, vengono infatti annunciati i due atti della suite “Gallows Frontier”, rispettivamente “The Crimson Rider” e  “The Iron Horse”, entrambi tratti da “A Romance With Violence”. E se sarà stata una pura lusinga, quando i Wayfarer hanno affermato che noi italiani abbiamo saputo descrivere l’America meglio degli americani, è senz’altro vero che queste sonorità forse risuonano nelle nostre orecchie e nelle nostre gabbie toraciche in un modo particolare: la digressione sull’album precedente porta infatti con sé una certa carica epica che rimanda alla cinematografia di Sergio Leone, non tanto a livello compositivo (c’è molto più Denver sound che Morricone, in questi brani), quanto sul piano atmosferico. S
iamo da qualche parte tra ‘Il buono, il brutto e il cattivo’ e “Red Dead Redemption”, e il panorama è bellissimo.
Un’ultima occhiata ad “American Gothic”, sulla litania di “Black Plumes Over God’s Country”, prima di chiudere celebrando “World’s Blood” con l’incalzante “Animal Crown”.
Per chi vi scrive, che li ha amati moltissimo su disco e che li ha visti live per la prima volta, i Wayfarer hanno confermato di essere una band dalla classe immensa anche dal vivo. Se la loro prossima cavalcata in Europa dovesse riportarli in Italia, raggiungeteli, ordinatevi un buon whiskey e godetevi lo show.

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