Report a cura di Lorenzo Ottolenghi
Fotografie di Francesco Castaldo
Un disco in cui David Coverdale riprende alcuni dei migliori brani del suo periodo di militanza nei Deep Purple è l’occasione per dar vita ad un tour dal sapore storico; tour che tocca anche l’Italia e che ci regala una serata di hard rock in cui alcuni classici della band di Ritchie Blackmore e soci si affiancano ad altrettanti classici dei Whitesnake, la creatura di David Coverdale. Così, con un tuffo nel passato, assistiamo ad una serata che segna il tributo dei fan ad una band certamente iconica e seminale, formata da musicisti che, in un modo o nell’altro, hanno accompagnato la storia del rock dagli anni Settanta ad oggi e che, lo diciamo con un po’ di orgoglioso campanilismo, vede alle tastiere Michele Luppi. Eccovi quindi il resoconto dell’unica data nel nostro paese, una data che resterà probabilmente impressa nella memoria dei fan più sfegatati di Deep Purple e Whitesnake ma che, bisogna dirlo, ha evidenziato un po’ di (comprensibile) affanno del “vecchio” David…
WHITESNAKE
Le aspettative per l’unica data italiana del Purple Tour dei Whitesnake erano alte, viste le premesse: la band mancava dal nostro paese dal Gods Of Metal edizione 2011 (durante il quale esibì una performance non proprio impeccabile), la setlist incentrata sul nuovo disco (per chi non lo sapesse, una reincisione di pezzi dei Deep Purple del periodo Coverdale), il sold-out circa due settimane prima della data stessa e, non ultimo, la presenza di Michele Luppi alle tastiere. E si sa che quando le aspettative sono alte, il rischio di delusione è altrettanto alto… Quando terminano le note diffuse di “My Generation” dei The Who, i Whitesnake iniziano il loro show con “Burn”, calando subito un pezzo da novanta; la band sembra molto affiatata e la voce di Coverdale (vera incognita della serata) è potente e perfettamente intonata. Si prosegue con due pezzi del repertorio del gruppo (“Bad Boys” e “Love Ain’t No Stranger”), per poi tornare ai Deep Purple con “The Gipsy”. I primi quattro brani, insomma, rappresentano davvero un inizio col botto. I fan, che riempiono all’inverosimile l’Alcatraz, partecipano e cantano (d’altronde il “vecchio” Coverdale sa perfettamente come coinvolgere il pubblico e si dimostra in più di un’occasione il frontman leggendario che, di fatto, è) e l’acustica – non sempre all’altezza, come nel caso della serata precedente con gli Europe – è decisamente buona. L’apice è, forse, con “Give Me All Your Love”. Anzi, diciamo che forse non è l’apice di Coverdale e soci, ma lo è per il pubblico che si scatena in un sing-along per tutto il pezzo. Purtroppo, a questo punto, la voce comincia a perdere colpi e gli intermezzi di discorsi ed interazioni con gli astanti diventano sempre più lunghi e frequenti, fino ad un interminabile assolo di chitarra di Reb Beach. In un concerto del genere, è ovvio, è più che lecito attendersi un momento dedicato alla solista, ma – in questo caso – ha più il sapore del riempitivo che del tributo. Stesso discorso per l’assolo di batteria di Tommy Aldridge (che non brilla neanche per originalità o tecnica) e per i pochi attimi lasciati al “nostro” Michele (per la verità osannato, come si merita ed è giusto che sia, dal pubblico). Riempitivi a parte, comunque, la voce di Coverdale scema sempre di più, riprendendosi un po’ solo sul finale, quando arrivano “Here I Go Again” e “Still Of The Night”. Certo, a sessantaquattro anni suonati non si può pretendere che il buon David abbia la stessa voce che aveva negli Eighties e bisogna sicuramente tributargli il giusto rispetto per la scelta di non scegliere scorciatoie ed espedienti (cosa che si apprezza facendo un parallelo con la serata precedente, dove l’uso di “sostegni” da parte di Joey Tempest era fin troppo marcato) ed assistere allo show di una vera e propria icona dell’hard ’n’ heavy non è mai cosa da poco; oltretutto va riconosciuto al frontman dei Whitesnake un carisma veramente magnetico. Il vero appunto che si può muovere a questo concerto è che tutto, dalla scaletta alle interazioni col pubblico, é stato pensato ad uso e consumo dei fan più sfegatati, quelli che comunque trovano strabiliante qualunque esibizione dei propri beniamini. Nulla di male, per carità: ognuno di noi perde totalmente l’oggettività per alcune band, ma – quando non si presenta una tale evenienza – non si può che riconoscere che lo spettacolo di domenica sia stato assolutamente professionale, ma anche che – forse – Coverdale non sia più in grado di tenere un palco per l’intera durata di un concerto da una quindicina di canzoni; o meglio: che non sia più in grado di farlo come sapeva farlo fino ad una decina di anni fa. Concludendo: una piacevole serata all’insegna del rock più duro che, seppure fatta di luci ed ombre, non può che lasciare un ricordo piacevole.
Setlist:
Burn
Bad Boys
Love Ain’t No Stranger
The Gypsy
Give Me All Your Love
You Keep On Moving
Ain’t No Love In The Heart Of The City
Guitar Solo
Mistreated
You Fool No One
Drum Solo
Soldier Of Fortune
Is This Love
Fool For Your Loving
Here I Go Again
Still Of The Night
THE DEAD DAISIES