Report di David Scatigna
L’Alcatraz di Milano ha ospitato una serata che verrà ricordata come una delle più epiche di sempre, con una line-up che sembra uscita dalle pagine di un romanzo fantasy: “In una terra lontana, nani, guerrieri umani e creature della notte unirono le loro forze…”.
E proprio così, come in una storia leggendaria, tre delle band più iconiche del panorama power metal si sono riunite per un evento che ha registrato il tutto esaurito settimane prima: i nostrani Wind Rose, i veterani Hammerfall e i ‘mostruosi’ Powerwolf hanno dimostrato, con una performance devastante, che il power metal è più vivo che mai e pronto a colpire con la forza di mille martelli.
Al nostro arrivo notiamo come il locale si riempie velocemente e lo stand del merchandise è praticamente inavvicinabile a causa di una coda di fan che vogliono portarsi a casa un ricordo della loro band preferita. La serata inizia molto presto e sarà densa di emozioni, cori e braccia alzate al cielo.
Che i WIND ROSE siano una delle band in più forte ascesa di tutto il panorama classic power è un dato di fatto, e lo dimostrano anche i numeri: pienoni ovunque anche quando gli headliner sono loro, milioni di ascolti in streaming e una presenza sui social da far impallidire altre e ben più blasonate band, sono il biglietto da visita di una formazione della quale la scena metal italiana può andare fiera.
Francesco e compagni salgono sul palco con i classici costumi di scena da nani sulle note di “Fellows Of The Hammer” e vengono accolti dal pubblico con un’ovazione degna di un headliner. Il gruppo coinvolge e intrattiene molto, fa come di consueto un grande uso di cori registrati a supporto del cantante e l’enorme impatto sonoro che ne deriva passa anche per una buona esecuzione tecnica della band: con le successive “Drunken Dwarves” e soprattutto “Mine Mine Mine!” lo spettacolo decolla definitivamente e il pubblico si esalta nel cantare e saltare, animando tutta la platea.
Prima di “Together We Rise” è il momento anche per “Rock And Stone”, singolo principale e questa sera unico estratto dal nuovo album “Trollslayer”: il pezzo è evidentemente pensato per avere una gran presa dal vivo e difatti così è, con il pubblico che canta il ritornello ancora prima che il brano venga eseguito. Il finale non poteva che essere lasciato a “Diggy Diggy Hole”, cover che sta diventando ormai più famosa dell’originale canzone appartenente all’universo del videogioco “Minecraft” e che fa saltare tutti gli spettatori.
Una chiusura col botto e una partecipazione del pubblico superiore anche a quella degli Hammerfall, a sottolineare che ormai i Wind Rose non sono più una band di seconda fascia ma stanno entrando di diritto nella cerchia delle realtà maggiori di questo genere musicale. Speriamo di rivederli presto, magari in veste di headliner.
Dopo un veloce cambio palco arriva il turno dei veterani HAMMERFALL: la creatura di Oscar Dronjak ha condensato tutta la sua energia in una scaletta di soli dodici pezzi spaziando tra tutta la carriera della band. La performance inizia con la title-track del loro ultimo album “Avenge the Fallen”, per poi proseguire in crescendo con “Heeding the Call” e “Any Means Necessary”. Fin dai primi istanti Joacim Cans dimostra ancora una volta di essere un frontman di razza, dominando il palco e catturando ogni singolo spettatore.
L’apice dell’entusiasmo arriva con l’immancabile “Renegade”, tutto l’Alcatraz raccoglie l’energia emanata dalla band e canta a squarciagola il perfetto ritornello. La band a questo punto sfrutta l’onda “cantereccia” del pubblico e snocciola in un amen “Hammer High” e “Last Man Standing”.
A questo punto Joacim fa riprendere fiato al pubblico (e a se stesso) per introdurre quello che è l’inno della band “Let The Hammer Fall”. Il brano ovviamente è perfetto per trascinare il pubblico, che non si fa pregare nell’aiutare Cans nel ritornello, mentre Oscar tira fuori l’immancabile martello da esibire come un’arma invincibile davanti a una folla in delirio.
Nonostante siano meno appariscenti sul palco, Pontus Norgren e Fredrik Larsson dimostrano una precisione impeccabile e un’energia costante, muovendosi sul palco al tempo perfetto, completando la coreografia e contribuendo a creare quell’alchimia che rende gli Hammerfall una ottima band da palco.
Come chiudere una scaletta del genere se non con quella che è uno dei brani di maggior successo della band? “Hearts On Fire” si schianta sull’Alcatraz come un vero martello, fa alzare i decibel del pubblico e chiude uno spettacolo grandioso.
Ci vuole un po’ più del previsto per far arrivare sul palco gli attesissimi POWERWOLF, il pubblico è ovviamente qui per loro e lo si capisce anche dai fan ‘agghindati’ in modo simile ai membri della band.
L’attesa è ripagata però da un palco trasformato in una chiesa gotica, con numerosi archi a punta e rosoni arricchiti da dei led wall che permettono alla scena di cambiare simulando vetrate colorate e fiamme.
Purtroppo, come spesso accade a differenza di altri show europei, qui da noi non è possibile vedere fiamme vere o altri giochi pirotecnici, ma nonostante questo lo show non ne risentirà particolarmente, anche grazie alla presenza scenica della band.
Il concerto viene aperto dalla nuova “Bless’em With the Blade” che il pubblico accoglie con un boato: il cantante Attia Dorn, conscio della sua imponenza scenica, prende subito possesso del palco, ma ha anche la saggezza di lasciare il giusto spazio a Matthew e Charles Greywolf uscendo di scena ogni volta che i brani concedono una pausa dal cantato.
L’altra presenza importante è ovviamente quella del tastierista Falk che ad ogni occasione possibile lascia le tastiere e ‘scende’ a fronte palco per esaltare ancora di più il pubblico. Ovviamente i Powerwolf non sono solo costumi e scenografie, ma hanno anche un repertorio, creato in quella che è ormai una carriera ventennale, che contiene brani eccellenti dal punto di vista compositivo e dal carisma live immenso.
Si prosegue con alcuni grandissimi classici tra cui “Incense & Iron”, “Army of the Night”, “Amen & Attack” e “Armata Strigoi”, che il pubblico accoglie calorosamente e cantando a squarciagola i ritornelli. A far rifiatare il pubblico ci pensano i brani un po’ più ‘tranquilli’ nella scaletta della band teutonica, ovvero “Stossgebet” e “Alive or Undead”, con tanto di torce dei cellulari accese a fare da scenografia aggiunta.
Dopo altri acclamatissimi classici, tra i quali spiccano le eccellenti “Sainted by the Storm” e “We Drink Your Blood”, arriviamo all’ultimo brano della scaletta, e Attila e Falk si scatenano, invitando il pubblico a far sentire la propria voce.
Attila si fa gioco dell’abitudine italiana di fare i gesti con il classico ‘mano a pigna’, e poi insieme a Falk si sfidano per chi fa gridare di più il pubblico “uh” e “ah”, che fanno parte del brano di chiusura “Werewolves of Armenia”, con cui si chiude una serata indimenticabile.