Che l’ammorbidimento di sound ed un approccio al songwriting più commerciale e rock oriented avrebbe consentito ai Within Temptation di aumentare il proprio bacino d’utenza era cosa palese, tanto più che a livello compositivo la band olandese è apparsa in grande spolvero proprio con l’ultima pubblicazione “The Unforgiving”. Non sorprende per tanto il tutto esaurito fatto registrare a Milano e neppure vedere un pubblico molto eterogeneo in sala per età e tipologia, ma resta la curiosità di vedere all’opera un gruppo alle prese con una svolta stilistica e non solo, visti i nuovi innesti alla seconda chitarra ed alla batteria di Stefan Helleblad e Mike Coolen, con il primo in verità chiamato a sostituire solo temporaneamente il fondatore Robert Westerholt.
TRIGGERFINGER
Ad aprire le danze all’Alcatraz milanese ci pensano i Triggerfinger, band originaria di Anversa, dedita ad un rock n’roll ’60/’70, non immune da influenze hard e blues, del quale purtroppo riusciamo ad apprezzare solo le ultime battute della setlist, causa inizio concerti ad orari lavorativi. Al di là della proposta tutt’altro che originale sotto il profilo dell’innovazione, riusciamo a percepire il carisma e l’attitudine di questo trio attempato ma ancora pieno di vitalità allorchè si trova alle prese con le partiture dinamiche ed immediate del proprio repertorio. Nello spezzone di concerto alla quale abbiamo assistito non possiamo fare a meno di appuntare il tutto sommato inutile assolo di batteria del drummer Mario Goossens, ma anche un paio di pezzi di buon hard n’ blues in cui il chitarrista-cantante Ruben Block è sembrato trascinare la band con voce graffiante e buona personalità. Nonostante un genere e soprattutto un approccio alla musica molto naturale, distante anni luce da quello degli headliner, il pubblico è sembrato coinvolto dalla performance dei belgi, tributandolo con calorosi applausi.
WITHIN TEMPTATION
In sala le luci si abbassano, si levano alte le grida delle ragazzine presenti e sullo sfondo del palco appare uno schermo gigantesco sulla quale vengono proiettate le immagini di una storia, quella che i Within Temptation ci hanno raccontato nell’ultimo “The Unforgiving”. L’introduzione recitata lascia presto spazio alla musica con le note di “Shot In The Dark” che fanno capolino tra l’entusiasmo generale. Il palco è allestito in maniera imponente, con una disposizione che prevede tastiere e batteria sopraelevate rispettivamente sul lato destro e sinistro per lasciar spazio in centro al succitato schermo, che proietterà azzeccatissime immagini a tema per tutte le canzoni della setlist, rendendo lo spettacolo ancor più intrigante. Prevedibile boato all’apparizione della bella e brava Sharon Den Adel, finalmente abbigliata con un sensuale abito da sera nero, che ne risalta le forme, senza ingombrare come i costumi ottocenteschi di qualche anno fa. La band olandese appare subito in ottima forma e i suoni sono qualitativamente all’altezza della situazione: la voce viene tenuta in grandissima considerazione e viene dato il giusto spazio anche alle chitarre, mentre la batteria appare ad un volume più basso rispetto a quanto sentito dalla stessa band qualche anno fa. I Within Temptation tengono in grande considerazione l’ultima succitata fatica in studio e durante la serata proporranno diversi episodi tratti da “The Unforgiving”. “In The Middle Of The Night”, “Faster”, “Fire And Ice” e “Iron”, confermano l’efficacia e l’enorme potenziale live ventilato su disco, grazie ad una band che, supportata da una notevole coreografia interattiva, esegue i pezzi in maniera impeccabile, con Sharon a guidarla senza sbavature, piacevolmente orientata su un impostazione vocale “rock”, lasciando il profilo lirico sulle canzoni più datate o come mera sfumatura. Discorso diverso per la discussa “Sinèad”, che con la batteria campionata, le ritmiche dance e il gusto melodico tipicamente pop che la contraddistinguono, appare un po’ forzata all’interno del repertorio dei Within Temptation, pur riconoscendo le capacità di coinvolgimento della stessa. Ignorando completamente il debutto “Enter”, la band olandese riesce comunque a deliziarci con perle del calibro di “Mother Earth” e “Ice Queen”, senza dimenticare pezzi trascinanti quali “Stand My Ground” o “What Have You Done”, in cui le parti maschili, su disco ad appannaggio dell’ospite Keith Caputo (Life Of Agony), vengono colpevolmente campionate. Brividi lungo la schiena in occasione delle fiabesche melodie di “Angel”, mentre il compito di chiudere il concerto dopo un ora e mezza di grande spettacolo spetta proprio a “Stairway To The Sky”, traccia finale dell’ultimo disco. I Within Temptation hanno suonato con poche pause e colloqui fra una canzone e l’altra, quasi per paura di rompere un incantesimo, lasciando lo spettatore in balia di uno spettacolo di musica e immagini suggestivo e coinvolgente, tra i più belli visti quest’anno.