27/10/2022 - WOLVES IN THE THRONE ROOM + INCANTATION + STYGIAN BOUGH @ Legend Club - Milano

Pubblicato il 31/10/2022 da

Report di Simone Vavalà

In un giovedì sera di fine ottobre, che in condizioni climatiche normali farebbe andare la mente alle atmosfere di Halloween, ci troviamo ad attendere in t-shirt una serata di musica adatta alla stagione e decisamente eterogenea; solo la generica etichetta ‘extreme’ potrebbe accomunare, in maniera superficiale, tre nomi che andranno a proporci suoni che variano dal doom al black, passando per il death. Ma a ben vedere un filo rosso più profondo, fatto di evocazione e atmosfere intense, primordiali e insieme introspettive, unisce in qualche modo i gruppi che saliranno sul palco. E poco importa se i rituali che prenderanno forma si rivolgono alla Natura, all’Occulto o ad altre forme di astrazione: l’importante è essere trascinati in un vortice di violenza sonora ed emozioni interiori, e come vi racconteremo il risultato è stato decisamente raggiunto da tutte le parti coinvolte.

STYGIAN BOUGH
La serata parte con l’interessante progetto di collaborazione tra Bell Witch e Aerial Ruin, ossia Stygian Bough, che ha dato nome allo split album uscito un paio d’anni fa. Questo tour, così come il suddetto split, potremmo in realtà considerarlo un’evoluzione naturale in seno ai Bell Witch, visto che Erik Moggridge, unico membro del progetto dark/folk Aerial Ruin, è già da tempo un collaboratore in sede live del duo di Seattle; e si nota infatti subito il naturale amalgama tra i membri del gruppo. I brani, lunghissimi ed elaborati, nonostante la costante base funeral doom, scorrono in scioltezza, insinuandosi poco a poco nelle nostre orecchie. Saremo forse condizionati dal nome, che richiama il Golden Bough di Frazer e un mondo di riti e cerimonie senza tempo, fatto sta che quello messo in scena dal trio ci sembra una liturgia che celebra insieme Natura e Morte attraverso atmosfere cangianti; ora rarefatte e misteriche, in certi passaggi ossianiche e mortifere. Nel riproporre circa metà del loro lunghissimo e soffocante disco, i tre ci guidano per mano a contemplare, appunto, la Natura Matrigna – incarnata nelle linee vocali in growl curate da Jesse Shreibman dietro le pelli – e un Aldilà quasi consolatorio nei dominanti momenti messianici; è un vero e proprio canone sacrale fatto di contrasti, rarefazioni, improvvise accelerazioni che cercano di trascinare il pubblico in uno stato quasi meditativo. L’intento, a nostro parere, in sede live perde un po’ di efficacia, risultando a tratti di mestiere; ma, e lo sottolineiamo, è un mestiere curato, di sicuro impatto e che si percepisce scaturire dall’anima stessa di questi musicisti/officianti. Forse eravamo solo poco predisposti noi a questo rituale laico.

INCANTATION
Complici l’orario più consono all’arrivo post-lavoro e – ovviamente – la fama della band, al cospetto degli Incantation la presenza di pubblico aumenta considerevolmente. La band di John McEntee è una vera e propria istituzione del death metal americano, non solo per gli anni di attività, ma anche per la coerenza con cui, pur attraverso album molto variegati, ha portato avanti la sua blasfema proposta musicale, e lo dimostra anche stasera. Rispetto all’ultima occasione in cui li abbiamo visti ci troviamo di nuovo di fronte una formazione completamente diversa, ancora una volta destinata alle sole esibizioni live; ma va detto che, complice forse il carattere affabile di John – dimostrato anche stasera dal tempo passato a chiacchierare con i fan post concerto  – non si ha mai la sensazione di un padre-padrone circondato da turnisti svogliati. Certo, abbiamo un protagonista netto sul palco come da prassi, ma non sarà un caso che i live degli Incantation siano sempre impeccabili e, in barba alla promozione di un nuovo disco o al dover mettere d’accordo le preferenze dei vari musicisti, offrano sempre ripescaggi d’annata e di qualità. Stasera spiccano, in un set complessivamente eccellente, ben tre estratti dai primi due dischi (un’infilata che comprende “Demonic Incarnate”, “Christening The Afterbirth” e “The Ibex Moon”) e in generale un’attitudine che predilige il lato più sulfureo e cupo non solo quanto a scelta dei brani, ma anche in termini di arrangiamento e sonorità, in diversi passaggi.
Saremo di parte, ma come sempre un loro show ci ricorda che la storia del death americano non passa solo dalla Florida.

WOLVES IN THE THRONE ROOM
Togliamoci subito il peso dell’unico difetto riscontrabile in questo concerto, ossia dei suoni non proprio eccezionali, almeno durante i primi tre brani; una colpa relativa, anche a livello di mixer, vista la stratificazione di frequenze che caratterizza la band, e che per fortuna trova una progressiva messa a punto nel corso della serata. Per il resto, c’è poco da dire: ogni volta che abbiamo visto i Wolves In The Throne Room hanno saputo stupirci per approccio o per resa, grazie alla loro capacità di restituire il loro già pregevole catalogo musicale sotto forma di un vero e proprio rituale. Non servono simboli occulti o esoterismo un tanto al chilo ai fratelli Weaver e ai loro compari per ottenere il risultato; forse sono davvero percorsi da forze sciamaniche, sicuramente sono impregnati di un amore per la loro terra e per Madre Natura, che riescono a ribaltare sul pubblico con energia e trasporto. Aggiunge ovviamente potere evocativo il gioco di luci e la presenza costante del fumo, ma di sostanza ce n’è tanta, e la scaletta di questa sera lo conferma. In apertura c’è spazio per due estratti dal recente “Primordial Arcana”, dopodiché inizia la cavalcata nel passato, anche in senso ancestrale, della band; “Angrboda” da “Thrice Woven” funge da perfetto rito di passaggio, con le sue atmosfere profonde e a tratti funeree, “Prayer Of Transformation” – forse il brano più evocativo di “Celestial Lineage”, amplifica la sensazione di discesa dentro riti misterici, mentre per il gran finale si torna indietro fino a “Two Hunters”.
Altri due brani per complessiva mezz’ora, che diventa una trasfigurazione ipnotica mirabile, come detto anche premiata infine da un mixing che permette di riconoscere ogni passaggio strumentale, a volte anche solo immaginato attraverso la coltre di fumo presente sul palco. Se Nathan alla voce e chitarra è il (piccolo ma) potente maestro di cerimonie e Aaron dietro le pelli è furia primordiale, Kody Keyworth si dimostra sempre di più l’elemento alchemico di cui la band necessitava; e anche Galen Baudhuin, turnista al basso ma già ospite della band su disco in passato, contribuisce a un amalgama quasi perfetto.

Setlist:
Mountain Magick
Spirit Of Lightning
Angrboda
Prayer Of Transformation
Vastness And Sorrow
I Will Lay Down My Bones Among The Rocks And Roots

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