A cura di Valentina Spanna e Luca Pessina
Finalmente è arrivato il 15 dicembre, il giorno in cui, metallicamente parlando, si festeggia il Natale a colpi di birra e di headbanging. Mentre fuori splendeva il sole, mentre l’aria profumava di neve, mentre Milano si incazzava con l’Atm in sciopero, gli impavidi metalkid si rinchiudevano nel Transilvania Live, pronti all’orgia sonora dell’X-Mass Festival, incuranti del mondo e dei suoi problemi. Purtroppo nel report non leggerete nulla riguardo l’esibizione degli attesissimi (almeno dai due redattori!) Misery Index. Non siamo riusciti a goderceli a causa dell’apertura cancelli inspiegabilmente avvenuta in concomitanza con l’inizio del loro set. Di conseguenza si parte dagli altoatesini Graveworm. Altra precisazione: molte band sono state tagliate, per ragioni imputabili al ritardo nell’arrivo al locale, dunque soundcheck a vista e slittamenti degli orari di scaletta. Al di là di questi due fatti spiacevoli per l’audience, la giornata si è rivelata comunque molto soddisfacente, regalando momenti davvero coinvolgenti. Se proprio si deve sorvolare su qualcosa, facciamolo sulla maglia del cantante dei Graveworm, bellissima, niente da dire, ma sfoggiarla dopo la partita di domenica sapeva un po’ di presa per il culo… Fa ancora tanto male, consolatevi con la lettura del report!
GRAVEWORM
Buona ma brevissima esibizione per i melodic black metaller altoatesini Graveworm, i quali si esibivano per la prima volta nella loro storia in quel di Milano. La band ha avuto a disposizione solo una ventina di minuti ed ha avuto modo di presentare quattro pezzi, tutti baciati da suoni discreti ed accolti da un pubblico sempre più coinvolto. I nostri si sono quindi fatti perdonare la scialba prova offerta allo scorso Summer Breeze, dove erano parsi estremamente mosci e poco affiatati: oggi tutto è filato alla perfezione e Stefan Fiori (che tra l’altro, per l’occasione, ha indossato una maglia del Milan… per giunta di Gattuso!!!) e compagni saranno stati sicuramente ricordati con piacere dai piuttosto numerosi presenti.
DEW-SCENTED
Era davvero da molto tempo che i tedeschi Dew Scented non calavano in terra italica, ed infatti la band è salita sul palco vogliosa di offrire uno show sopra le righe. Non c’è che dire, il quintetto ha dato il massimo per tutta la mezz’ora scarsa concessa loro, presentando al meglio delle proprie possibilità un certo numero di brani tratti dal nuovissimo “Impact” più un paio di “Inwards”. Pezzi come “Soul Poison” e “Bitter Conflict” scatenano sempre un vero putiferio sotto il palco e questa volta non ha fatto eccezione, anche se l’esecuzione a tratti è stata rovinata da alcuni problemi tecnici che hanno colpito soprattutto i chitarristi. Anche se su disco a volte perdono colpi questi ragazzi dal vivo si confermano una vera forza… si consiglia sempre di non perderseli!
AMON AMARTH
Calano in Italia gli svedesi più barbari del mondo, per la prima volta dall’uscita dell’ultimo lavoro, il glorioso “Versus The World”. Arrivano, motivatissimi come sempre, e non deludono (nonostante un “simpatico” interlocutore alla mia sinistra sostenesse che avessero suonato lo stesso pezzo per mezz’ora… perché non lo dici a Johan Egg?). A loro disposizione circa quaranta minuti, ben equilibrati tra brani storici e brani nuovi, costantemente accompagnati dai cori entusiasti del pubblico. Buono anche il bilanciamento tra le song più epico-cadenzate, loro trademark inconfondibile, e gli attacchi più furiosi. Il singer non si risparmia, dando prova, una volta di più, che la sua forma e il suo carisma live non conoscono appannamenti. Le chitarre si destreggiano fluidamente nella granitica epicità del riffing, la sezione ritmica (basta però con questa batteria troppo alta!) sa essere davvero possente, costruendo il trionfo della band, sulle note di “The Last With Pagan Blood” e “For The Stabwounds In Our Back”. Ma la parte più galvanizzante dello show è stata quella relativa all’esecuzione della battagliera “Versus The World”, tramutatasi in un vero e proprio inno collettivo. Ancora una volta gli Amon Amarth ci regalano una performance qualitativamente onestissima, che fa solo sperare di vederli più spesso bazzicare i palchi italiani.
NILE
Seconda volta per quest’anno che i Nile beneficiano il suolo italiano della loro presenza. E come riportato le volte precedenti, un gran bello spettacolo. Tecnica ineccepibile, nonostante i soliti problemi di volumi, velocità disumana, caos claustrofobico apparentemente informe a orecchie poco partecipi, ronzii e malattia. Un Tony Laureano mostruoso tiene banco non concedendo neppure un respiro a chi ascolta incantato la sua potenza, le accelerazioni, il tocco. Il singer ancora una volta ci abbandona nell’incubo, mentre la chitarra disegna percorsi serrati e dissonanti. Altra mezz’ora di confine dove hanno trovato spazio le stupende “Sarcophagus” e “Hall Of Saurian Entombment”. Accolta da una grande partecipazione generale è stata la conclusiva, efficacissima “Black Seeds Of Vengeance”, attesissima da tutti i fan e ormai classico della band.
DESTRUCTION
Chi scrive ha visto all’opera i Destruction ben cinque volte e può tranquillamente affermare che il terzetto teutonico al giorno d’oggi teme ben pochi rivali in sede live. Non c’è nulla da fare, quando Schmier e Mike calcano il palco ed iniziano a suonare, la maggior parte delle band esibitesi prima di loro finisce sempre per impallidire. Il loro furibondo thrash metal dal vivo acquista una carica impressionante e pare quasi incredibile che cotanta violenza sonora venga sprigionata esclusivamente da tre musicisti. Anche oggi gli autori del recente “Metal Discharge” non si sono risparmiati, tirando fuori dal cilindro l’ennesima performance convincente e trascinante. Pezzi storici come “Curse The Gods”, “Total Disaster”, “Life Without Sense” e “Eternal Ban” si sono alternati ad anthem più recenti come “The Butcher Strikes Back”, “Nailed To The Cross” e alla nuova “The Ravenous Beast” fino alla delirante doppietta finale rappresentata da “Bestial Invasion” e “Mad Butcher”. Grandi Destruction… non si vede proprio l’ora di rivederli in concerto! Appuntamento alla prossima primavera: da headliner e coi Dew Scented di supporto!
DEICIDE
Dopo che i Destruction hanno “distrutto” il pubblico, è difficile salire sullo stesso palco. La cosa comunque non potrebbe mai tangere i campioni di indifferenza che vanno sotto il nome di Deicide. Davanti a loro tutto il locale in delirio e ci si rende conto subito che ci sono le premesse per un bello show: suoni discreti, a parte i problemi sporadici alla chitarra, e band in forma, in grado di sfoggiare l’aggressività richiesta e tutta la sulfurea malignità indispensabile a far rendere bene i brani live. Si susseguono i vari pezzi, tra cui delle devastanti “Bastard Of Christ”, Dead But Dreaming” e “Children Of The Underworld”, dimostrando anche una scelta abbastanza buona delle song. I veri nemici di un’esibizione davvero ben condotta e violenta sono stati il tempo e gli inutili mugugni di Mr. Benton tra un pezzo e l’altro. Passi per il fatto che i Deicide se ne vadano dal palco senza proferire verbo, è una cosa risaputa; ma andarsene dopo solo tre quarti d’ora costringe il pubblico ad un po’ di amaro in bocca. In sostanza un concerto che poteva essere di molto migliore, se solo si fosse dimostrata un po’ più di voglia di esibirsi. Oltretutto la situazione era particolare, con Glenn che ha tentato inspiegabilmente di fare lo splendido, annunciando così “Once Upon The Cross”: “And now, a song for a Merry Christmas!”… Simpatico panzettone!