8.0
- Band: REMEDY
- Durata: 00:44:25
- Disponibile dal: 24/05/2024
- Etichetta:
- Escape Music
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La vicenda degli svedesi Remedy è interessante, non solo da un punto di vista musicale: questa formazione, infatti, nasce per volontà di Roland ‘Rolli’ Forsmann, uno stimato professionista e turnista svedese che, ritrovatosi fermo per via della pandemia, ha deciso di dare finalmente sfogo al suo desiderio di avere una band propria. Completata la line-up con una manciata di musicisti di livello, Forsmann ha quindi pubblicato il suo debutto sul finire del 2022, intitolato “Something That Your Eyes Don’t See”.
In un mercato così pieno di uscite quotidiane, però, non basta scrivere un buon disco, è necessario diffonderlo, farlo conoscere, investire un po’ sulla promozione, una cosa che i Remedy hanno iniziato a fare solo in un secondo momento, a quasi un anno di distanza dalla pubblicazione.
Questo impegno comunicativo, per fortuna, ha avuto un ottimo riscontro e il nome degli svedesi ha iniziato a far drizzare qualche antenna tra gli amanti del genere. Questa volta, però, Rolli non si è fatto prendere in contropiede e si è messo di buona lena al lavoro, consegnandoci a tempo di record un nuovo lavoro, che conferma e rafforza tutto ciò che avevamo apprezzato nel debutto: “Pleasure Beats The Pain” infatti omaggia nuovamente la scena degli anni Ottanta e Novanta, prendendo il meglio della scuola svedese, dagli Europe agli Eclipse, e combinandola con la classe di maestri come Foreigner e Journey.
Gli ingredienti sono stranoti: linee melodiche immediate, produzione curata e morbida, un uso massiccio delle tastiere a fare da supporto alle chitarre, una padronanza strumentale di altissimo livello e, soprattutto, ritornelli che ti si stampano in testa al primo ascolto e che continueranno a tornarvi in mente anche ore dopo aver spento lo stereo. A fare la differenza, però, è proprio la qualità del songwriting: i Remedy scrivono canzoni con una maestria invidiabile, perfino un po’ ruffiane, ma mai stucchevoli. E’ un’arte difficilissima da padroneggiare: serve equilibrio, uno spiccato istinto melodico ed una conoscenza assoluta degli strumenti del mestiere.
I Remedy hanno interiorizzato tutto questo e basta ascoltare brani come “Moon Has The Night”, la trascinante “Angelina” (un singolo che negli anni Ottanta sarebbe finito diretto in classifica), oppure “Bad Blood”, per rendercene conto immediatamente.
Non ci sono punti deboli in questo disco e potremmo tranquillamente citare canzoni a caso da tutta la tracklist: per puro gusto personale, poniamo l’accento anche su “Girl’s Got Trouble”, che ci ha ricordato gli Whitesnake di “1987”, e la delicata “Something They Call Love”, una ballata acustica che resa ancora più elegante da un ottimo vestito di archi.
A conti fatti, nel 2024 le opzioni per fare un grande disco sono due: o riuscire a trovare una formula, se non innovativa, almeno personale, oppure fare qualcosa di già sentito, ma nel miglior modo possibile. I Remedy sono i perfetti rappresentanti di questa seconda categoria: non inventano nulla, ma quello che fanno è sempre ai massimi livelli. E questo non è certo un risultato da poco.