I cremonesi Embryo, a cavallo dell’inverno/primavera 2023, hanno fatto ritorno sulle scene dopo ben sei anni dal loro ultimo disco sulla lunga distanza, “A Step Beyond Divinity”.
Forte di un sound ormai consolidato e granitico, che miscela death metal in diverse salse, attacchi cyber-thrash ben più moderni ed una tecnica decisamente sopra la media, il quintetto nostrano ha sfornato il secondo capitolo di una trilogia che sarà dedicata a personaggi storici del Rinascimento italiano, curiosa, originale ed affascinante trovata che viene ben rappresentata dalle ultime grafiche di copertina utilizzate dalla band.
Per chiarirci la situazione in casa Embryo, raccontarci tutto sul nuovo “A Vivid Shade On Misery” e sui prestigiosi membri ‘aggiunti’ nella nuova incarnazione del gruppo, al solito il nostro interlocutore è Eugenio Sambasile, portavoce, chitarrista e anima pulsante dei deathster lombardi.
CIAO EUGENIO, BENTORNATI AGLI EMBRYO SU METALITALIA.COM, È PARECCHIO TEMPO CHE NON CI SENTIVAMO! INIZIAMO CON UN PAIO DI DOMANDE RIVOLTE AL PASSATO: TORNANDO ALLA PUBBLICAZIONE E ALLA PROMOZIONE DI “A STEP BEYOND DIVINITY”, IL VOSTRO PENULTIMO DISCO, COME GIUDICHI ORA QUEL LAVORO ED IN GENERALE QUEL PERIODO?
– Ciao Marco, ed un saluto a tutti i lettori, è un piacere tornare tra le righe di Metalitalia.com. Siamo molto orgogliosi di “A Step Beyond Divinity”, anche se la complessità del personaggio affrontato (Leonardo Da Vinci) non ci ha reso le cose facili. Sicuramente è un disco impegnativo e non proprio diretto, ma nonostante ciò è articolato ed interessante, sia dal punto di vista musicale che di contenuto. L’album è uscito nel 2017 e purtroppo la promozione non è stata delle migliori, ci aspettavamo un lavoro più approfondito sia da parte dell’etichetta che del management, tuttavia qualcosa è stato raccolto e chi ha avuto modo di approcciarsi al disco non è rimasto indifferente: questa credo sia la cosa più importante.
Nel 2019, inoltre, è uscito il singolo “Misguided Legacy”, in occasione dei cinquecento anni dalla morte di Leonardo, che ci ha permesso di completare il lavoro e portarlo ad una sorta di perfezionamento. Sicuramente avremmo potuto fare di più, ma purtroppo non ci è stato possibile. Ad ogni modo il disco ci ha consentito di tornare in tour in Europa con gli Immolation, e questa è stata una grande soddisfazione.
COME TUTTI SAPPIAMO, SOPRATTUTTO QUI IN ITALIA, LA PANDEMIA HA BLOCCATO UN BEL PO’ DI COSE PER DIVERSO TEMPO, ED IL MONDO ARTISTICO E MUSICALE IN PARTICOLARE NE STANNO ANCORA SOFFRENDO I POSTUMI. COME AVETE VISSUTO QUEI MOMENTI E, ARRIVANDO OGGI COL SENNO DI POI, COSA PENSI SIA CAMBIATO IRREVERSIBILMENTE RISPETTO A PRIMA DELLA PRIMAVERA 2020?
– Il periodo della pandemia è stato terribile sotto ogni punto di vista e onestamente il ricordo di quei giorni è abbastanza confuso, non si capiva esattamente cosa stesse succedendo ed ogni giorno è stato vissuto nel dubbio e nell’ansia che nulla sarebbe più tornato come prima. Questa situazione ha favorito l’accelerazione di un processo già in corso in cui molti musicisti, per poter lavorare, si sono dovuti rivolgere alla tecnologia, più di quanto facessero in precedenza; io stesso, ad esempio, ho dovuto lavorare da remoto per le lezioni e le produzioni da solista (Eugenio è insegnante di chitarra a Cremona, ndR).
Se da un lato ciò è stato estremamente positivo, garantendo comunque la possibilità di lavorare, dall’altro ha consentito la diffusione massiccia ed irreversibile di piattaforme che hanno sostituito, anche e soprattutto post-pandemia, l’esperienza fisica con quella virtuale, facendo sì che l’affluenza ai concerti, già da tempo in diminuzione, calasse in maniera ancor più drastica. Anche andare in tour è diventato più difficile rispetto a prima della primavera 2020, e questo a causa dell’aumento repentino dei costi in tutti i settori. Nonostante la prospettiva non sia particolarmente rosea, bisogna cercare di riadattare il lavoro a questo nuovo contesto socio-culturale.
A PROPOSITO DI RIADATTAMENTI, ANCHE VOI AVETE DOVUTO FAR FRONTE A QUALCHE MODIFICA DI LINE-UP: A PARTE L’USCITA TEMPORANEA DI ROBERTO PASOLINI ALLA VOCE, COME AVETE INGAGGIATO GABRIEL PIGNATA (EX DESTRAGE, EX NODE) AL BASSO E GEORGE KOLLIAS (NILE, EX NIGHTFALL) ALLA BATTERIA? LA FORMAZIONE IN QUESTO MODO SI È MANTENUTA DAVVERO SU ALTI LIVELLI TECNICI, COSA CHE A VOI NON È MAI MANCATA, PERALTRO.
– Ogni nostro album ha praticamente una line-up diversa dal precedente e dal successivo: io, Roberto e Simone (Solla, tastiere, ndR) siamo la parte consolidata della band, la sezione ritmica invece è sempre diversa. Inizialmente il cambio di line-up di disco in disco non é stato cercato e voluto, poi in realtà, col tempo, siamo riusciti a cogliere il lato buono della cosa, perché abbiamo trovato beneficio nel lavorare con basso e batteria sempre differenti e nuovi ogni volta.
Ciascun album infatti ha degli elementi innovativi che apportano valore al nostro sound e credo che questa sia una nota assolutamente positiva; inoltre, lavorare con professionisti diversi é estremamente stimolante e divertente. Ho conosciuto Gabriel ad una cena, e tra una chiacchiera e l’altra ci siamo scambiati i numeri di telefono. L’ho contattato nel 2019 e gli ho proposto di unirsi a noi per alcuni show, nei quali ci siamo subito trovati in sintonia, essendo lui un ottimo bassista. È rimasto poi nella band per le registrazioni di “Misguided Legacy”, per il tour europeo con gli Immolation e per le registrazioni di “A Vivid Shade On Misery”.
Ho invece conosciuto George nel 2015 durante il tour nel quale eravamo di supporto ai Nile, e da allora ci sentiamo spesso e siamo rimasti grandi amici. La mia prima collaborazione con lui risale al 2016, quando ha registrato le batterie per il mio singolo strumentale “Conversion Disorder”. Parlando con George di “A Vivid Shade on Misery” e di quello che avrei voluto realizzare con questo disco, lui si è dimostrato da subito interessato e, quando gli ho proposto di registrare con noi, era eccitato all’idea di cimentarsi in qualcosa di così diverso rispetto a quello che solitamente suona nei Nile. É inutile dire che collaborare con un batterista di questo calibro è stato estremamente formativo ed ha accresciuto ancora di più la nostra voglia di far meglio: il suo contributo all’album è stato preziosissimo.
VENIAMO AL NUOVO ALBUM “A VIVID SHADE ON MISERY”: PARLACI UN PO’ DELLA SUA COMPOSIZIONE. CHI, QUANDO, COME? I NUOVI ENTRATI HANNO PARTECIPATO ALLA STESURA DEL LAVORO?
– Inizialmente mi sono occupato delle musiche e della struttura di ogni brano, e per fare questo avevo bisogno che tutto fosse coerente e chiaro nella mia testa, quindi mi sono informato leggendo libri e guardando ogni sorta di film o documentario per trovare dentro di me quella scintilla che avrebbe poi incendiato il processo compositivo.
Nel frattempo Roberto ha reperito gli argomenti e le parole più significative su cui lavorare attraverso le liriche. Ci tengo a specificare che quando diamo avvio ad un nuovo progetto gli dedichiamo tutte le energie che abbiamo a disposizione e si tratta generalmente di processi lunghi ed impegnativi, che possono richiedere anche anni. É un continuo tenere e scartare cose e fino a quando non siamo nella stessa direzione artistica continuiamo a lavorarci per cercare di raggiungere l’obiettivo al massimo delle potenzialità. Finito il lavoro direzionale, e dopo aver trovato la giusta attitudine (tonalità e struttura dei brani), i nuovi arrivati (Gabriel/George) hanno contribuito dando il loro personale apporto al disco, nonostante i brani fossero già strutturati.
UNA DELLE IMPRESSIONI PRIMARIE CHE MI HA SUSCITATO IL NUOVO ALBUM È STATA QUELLA DI UNA FORTE IMMEDIATEZZA, FORSE ANCHE DOVUTA ALLA PARTICOLARE BREVITÀ DELLA SUA DURATA, E SUCCESSIVAMENTE QUELLA DI UNA INTENSA RICERCA DELLA COMPONENTE MELODICA, CHE NON È MAI STATA ASSENTE DAI VOSTRI LAVORI MA FORSE NON È MAI STATA NEANCHE COSÌ PRESENTE. DA CIÒ DERIVA POI IL MAGGIOR SENTORE DI INFLUENZE SCANDINAVE RISPETTO AL PASSATO. SEI D’ACCORDO?
– La scelta di registrare otto brani è stata voluta: in un periodo storico come questo, dove anche l’arte e la musica subiscono la mentalità del consumismo e passa tutto molto velocemente, un disco oggi è nuovo, domani è vecchio. Abbiamo cercato quindi di concentrare in poco più di mezz’ora di musica tutte le nostre intenzioni, senza lasciare nulla al caso.
Vorremmo che l’ascoltatore rimanesse come ‘sconvolto’ dall’intensità del disco, e la sua breve durata dovrebbe favorirne l’intento. Quello che rende immediato l’album è proprio il processo compositivo: quando abbiamo affrontato Leonardo Da Vinci ci siamo trovati di fronte ad un personaggio emblematico, articolato e difficile da interpretare, e per questo in “A Step Beyond Divinity” abbiamo scritto i brani su una scala modale (dorica, per l’esattezza), per ricreare in musica quella sensazione di complessità.
Per Caravaggio, il personaggio scelto per questo nuovo disco, lo stesso approccio non poteva funzionare: si tratta infatti di una figura violenta, a tratti crudele ma estremamente geniale; di conseguenza la composizione doveva assolutamente essere diretta. Questa premessa serve per spiegare la decisione di utilizzare una scala minore naturale, più immediata per l’ascoltatore. In questo nuovo lavoro la melodia ha assunto un’importanza incredibile, infatti; insieme alla brutalità consente di fornire, a nostro avviso, un perfetto ritratto di Caravaggio.
A dire il vero non ci siamo ispirati al metal scandinavo in fase di composizione, ma è anche vero che ne abbiamo ascoltato davvero molto in passato e probabilmente alcuni riferimenti sono emersi involontariamente; inoltre quando si unisce death metal e melodia è praticamente impossibile non essere associati alla scena scandinava.
DOPO LEONARDO DA VINCI, DUNQUE, AVETE SCELTO CARAVAGGIO COME TEMA PER LE VOSTRE LYRICS. LA COPERTINA È STUPENDA, IL TITOLO ANCHE, MA COME MAI AVETE OPTATO PER CARAVAGGIO FRA I TANTI ‘EROI’ DELLA STORIA ARTISTICA ITALIANA? SOLITAMENTE, ACCANTO A LEONARDO, SI PENSA SUBITO A GALILEO O DANTE QUALE IMMEDIATA ASSOCIAZIONE DI PENSIERO…
– L’idea è quella di realizzare una trilogia di concept album ispirati ad alcuni personaggi emblematici del Rinascimento, Galileo e Dante hanno vissuto in periodi storici differenti. Inoltre, a nostro avviso, per via della sua personalità geniale ma al tempo stesso violenta, nessuno è più death metal di Caravaggio.
UNO DEGLI ASPETTI DICIAMO ‘NEGATIVI’ CHE HO EVIDENZIATO IN SEDE DI RECENSIONE È CHE IL GENERE CHE PROPONETE NON È CERTO IL PIÙ ADATTO PER LA STESURA DI UN CONCEPT ALBUM A SFONDO STORICO. ANZI, IL VOSTRO SOUND È PIÙ ORIENTATO VERSO SOUNDSCAPE FUTURISTICI E/O INDUSTRIALI.
QUESTA DICOTOMIA PERÒ RENDE PIÙ INTERESSANTE APPROFONDIRE IL DISCORSO SUL BINOMIO GENERE/TEMATICHE, SPESSO SOPRAVVALUTATO DA MOLTI APPASSIONATI E ANCHE DA MOLTA STAMPA. COSA NE PENSI?
– Sicuramente non è semplice unire tematiche di stampo storico alla nostra musica, inizialmente è stata una sorta di sfida: ormai nel death metal si è parlato di un po’ di tutto, e quello che volevamo fare era distinguerci, ma senza togliere nulla al nostro sound caratteristico maturato da “No God Slave” in poi.
Non è scritto da nessuna parte che un concept album debba suonare in un determinato modo, quello che porta l’ascoltatore ad aspettarsi determinati suoni abbinati a determinate tematiche sono i precedenti, ma non essendoci alcun precedente in questo genere abbiamo potuto fare quello che sentivamo senza dover seguire degli schemi troppo rigidi. Penso inoltre che l’utilizzo delle tastiere abbia giocato a nostro favore, abbiamo potuto associare suoni più morbidi a riff di chitarra furiosi e taglienti; in più, essendo il Rinascimento, ma la storia in generale, un campo mai esplorato nel metal estremo, possiamo definirci un po’ i pionieri di quest’idea.
Ci piace fare le cose ‘a modo nostro’ e vedere la reazione degli ascoltatori e della stampa: quando esce un nostro album vogliamo che la gente sappia chi siamo e che si ricordi di noi, unire queste tematiche al nostro sound credo sia stata la chiave perfetta, perché scaturisce quella sana curiosità nell’ascoltatore che lo porta a chiedersi il perché di alcune scelte e ad approfondire l’interesse per la band.
MI HA COLPITO PARECCHIO IL VIDEO DELL’ULTIMO SINGOLO “HIGHEST FAME”. A PARTE IL NON RESTARE INDIFFERENTI ALLA SEDUZIONE DELLA PROTAGONISTA, MI CI È VOLUTO UN PAIO DI PASSAGGI PER CAPIRE CHE L’AVETE MONTATO TUTTO AL CONTRARIO, RENDENDOLO PIÙ DISTURBANTE ANCORA. QUALE SIGNIFICATO HA, SE NE HA UNO?
– In realtà non sapevamo nulla di come sarebbe stato il video di “Highest Fame”, io stesso l’ho visto qualche giorno prima della sua pubblicazione. Abbiamo commissionato il lavoro a Bazoo (Luca Catullo), il videomaker che si è occupato dei nostri ultimi video. Un giorno ho ricevuto una sua telefonata nella quale mi diceva di aver avuto un’idea geniale e la mia risposta è stata: “ok, se credi sia geniale fai pure“.
Il video immortala un momento di pazzia nel quale la mente gioca brutti scherzi, ma questo si capisce meglio solo guardando il sequel “Pride”. I video sono infatti strettamente collegati e per comprenderne a pieno il senso è necessario guardarli entrambi. Il nostro scopo non era comunque di strizzare l’occhio alla seduzione, ma quello di far percepire il disagio che la pazzia e la violenza possono creare. L’unica nota negativa del video in questione, purtroppo, è legata alla censura, per via di tutto quel sangue infatti abbiamo avuto qualche problema all’uscita.
TROVO CHE GLI EMBRYO ABBIANO RACCOLTO RELATIVAMENTE POCO, IN TERMINI DI SUCCESSO E NOMEA IN ITALIA, PER QUANTO ESPRESSO NEL CORSO DEGLI ANNI, DICIAMO A PARTIRE DA “NO GOD SLAVE” IN AVANTI. DA COSA È DOVUTO TUTTO CIÒ? IN QUESTI ULTIMI ANNI L’ITALIA HA SFORNATO BAND INCREDIBILI (HOUR OF PENANCE, HIDEOUS DIVINITY, FLESHGOD APOCALYPSE, SOLO PER CITARNE ALCUNE VICINE AL VOSTRO STILE), E VOI AVRESTE POTUTO SEGUIRE SENZA ALCUN PROBLEMA. COSA VI È MANCATO, SECONDO TE?
– Questa è una domanda a cui sto cercando di rispondere da molto tempo, e non solo nelle interviste ma spesso anche tra le fila dei concerti. In realtà non ne abbiamo la minima idea, non sappiamo quale sia la causa della nostra assenza dalla scena italiana, forse bisognerebbe rivolgere la domanda agli organizzatori di eventi e booking.
Personalmente non credo sia un problema legato al pubblico, e nemmeno alla professionalità della band, abbiamo infatti suonato spesso in Europa, e lo abbiamo fatto supportando i grandi del genere (Nile, Suffocation, Immolation) e siamo sempre stati all’altezza della situazione, riuscendo ad instaurare ottimi rapporti con i musicisti.
Nessuna delle grandi band con cui abbiamo suonato ci ha mai fatto sentire o trattato come musicisti di serie B. Nei festival a cui abbiamo partecipato all’estero ci siamo esibiti sul main stage, e siamo stati in grado di gestire il palco: eppure qui, ‘a casa nostra’, ci troviamo ad affrontare una scena ostile. Non so cosa ci manchi per poter avere la stessa considerazione delle altre band nel nostro Paese, in realtà abbiamo anche smesso di chiedercelo perché è una cosa che ci lascia sempre un po’ di amaro in bocca. Al momento ci stiamo concentrando sulle date promozionali estive, presto infatti sveleremo dove e con chi suoneremo quest’estate: ovviamente nessuna di queste date è in Italia.
CHIUDIAMO APPUNTO CON I PROGRAMMI PER IL FUTURO: GEORGE VI SEGUIRÀ ANCHE DAL VIVO? QUALI SONO LE VOSTRE SPERANZE E I VOSTRI PROGETTI?
– Purtroppo George non potrà seguirci dal vivo, e questo dipende principalmente dai suoi impegni con i Nile che, essendo una grande band, sono piuttosto consistenti. Dal vivo suoneremo con Michele Soglia, un ragazzo giovane e molto talentuoso. È inoltre un allievo di Kollias ed ha imparato direttamente da lui i nostri brani, questo consentirà una performance all’altezza delle aspettative.
Promuoveremo dal vivo “A Vivid Shade On Misery” quest’estate e probabilmente faremo dei live nei club anche durante l’autunno e l’inverno, spingeremo al massimo per non far passare inosservato questo album. Più avanti invece decideremo come e con quale personaggio chiudere questa trilogia di concept ispirati al Rinascimento e ricominceremo a lavorare sulla composizione di nuovo materiale.